In cammino con Gesù

02-02-2021 - Notizie

In cammino con Gesù

 

Da due anni la Chiesa di Napoli attendeva il successore dell’arcivescovo Crescenzio Sepe, già dimissionario e fruitore di una proroga biennale al suo mandato. Un tempo, questo, che ha fatto pensare alle difficoltà del Vaticano per individuare un candidato o più candidati adatti per il gravoso incarico.

Negli ultimi mesi si sono rincorsi nomi su nomi (qualcuno di questi veramente improponibile!) e poi finalmente il 12 dicembre 2020 papa Francesco ha nominato arcivescovo metropolita di Napoli don Mimmo Battaglia, fino ad allora vescovo di Cerreto Sannita. La sua è stata una candidatura con una discreta eco nelle cronache, ma - come si è poi saputo - era presente all’ultimo posto nella terna da presentare al papa, che alla fine motu proprio lo ha imposto come successore di Sepe.

Il curriculum di don Mimmo è oltremodo significativo: dopo l’ordinazione presbiterale, ha svolto il suo ministero all’interno dell’Arcidiocesi di Catanzaro-Squillace e durante la sua attività pastorale si è sempre interessato ai più deboli e agli emarginati tanto da essere chiamato “prete di strada”.

Con questo bagaglio di esperienze vissute tra i più poveri ed indifesi, il 2 febbraio 2021 il nuovo arcivescovo è entrato in contatto diretto con la Chiesa di Napoli ed il suo popolo, una realtà molto composita e talvolta contraddittoria come quella espressa dalla sua storia secolare: vi troverà un variopinto caleidoscopio di realtà ecclesiali che vanno da quelle più tradizionali (il culto di san Gennaro ne è una plastica ed efficace dimostrazione) a quelle più aperte ed impegnate nel loro dinamismo evangelico.

Per non parlare del clero napoletano, una sorta di ventre molle, da secoli abituato ad avere a che fare con un arcivescovo con tanto di titolo cardinalizio conferito da tempo immemorabile, mentre in quest’occasione si ritroverà semplicemente a relazionarsi con un “vescovo dall’odore delle pecore”, testimone di una Chiesa “accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade” (Evangelii gaudium, n. 49) e con nessuna possibilità, secondo l’impostazione di papa Francesco, di essere nominato cardinale.

Insomma, un “vescovo di strada”, denominazione certamente riduttiva e limitante (tutti i preti dovrebbero esserlo per coerenza con il Vangelo), ma profondamente icastica nel definire un uomo ed un vescovo che, pur cosciente dei suoi limiti (chi non ne ha?), si è sforzato e si sforza, come papa Francesco e come tanti/e, di vivere il Vangelo degli ultimi, dei poveri e degli emarginati.

È questa certamente una grande sfida per la Chiesa di Napoli, che avrà la possibilità di riprendere con maggiore decisione il cammino sinodale, che negli anni Settanta del secolo scorso l’arcivescovo Ursi con la sua sensibilità pastorale, pur tra incertezze ed esitazioni, aveva cercato di attivare, cercando di promuovere nella Chiesa di Napoli le istanze del rinnovamento conciliare.

Purtroppo sul faticoso percorso intrapreso da Ursi il suo successore, tutto chiuso nella sua pompa istituzionale, pose una pietra tombale con un ministero privo di slancio pastorale e di audacia evangelica, come invece la situazione di Napoli e della sua provincia richiedevano, chiudendosi in una pigra e paternalistica gestione dell’esistente.

L’arcivescovo Sepe ha fin dall’inizio dimostrato subito un tratto umano accattivante, dispiegando un certo attivismo pastorale, promuovendo molte iniziative concrete e legandosi, fin dal suo ingresso in diocesi, profondamente alla sensibilità popolare; di questo il simbolo è stato alla fine di ogni discorso la riproposizione, talvolta un po’ stucchevole, dell’antico adagio napoletano «’A Maronna c’accumpagna».

Però, al di là dei pur lodevoli sforzi di Sepe, la Chiesa si è espressa esclusivamente a livello di vertice e l’attività della parte più consapevole e propositiva della comunità ecclesiale, spesso esibita come fiore all’occhiello per il suo impegno, ha finito per tacitare la cattiva coscienza di molti (clero e laici), afoni ed immobili rispetto ai grandi problemi della società napoletana, come il disagio sociale, la disoccupazione e la presenza pervasiva della camorra, il tutto acuito dall’incidenza devastante del Covid.

In questo scenario si viene ad inserire don Mimmo Battaglia con la sua storia e con il suo progetto di chiesa, ampiamente delineato nel messaggio inviato al Popolo di Dio dell’Arcidiocesi di Napoli: “Vengo come un viandante che desidera camminarvi accanto, convinto che solo insieme possiamo seguire l’unico Maestro e Pastore, Gesù, Signore della vita e della storia! A Lui dovranno ispirarsi i nostri criteri, i piani pastorali, le scelte concrete, i comportamenti quotidiani. Gesù ci invita ad abitare una Chiesa che esce dai suoi sacri recinti per mettersi al servizio del territorio, a partire dagli ultimi. Una Chiesa dunque dove non si celebrano solo dei riti ma la vita e le speranze delle donne e degli uomini del nostro tempo. Su questa strada cercheremo di essere insieme artigiani di pace, cercatori di un infinito che intercetta i limiti per farne possibilità, costruttori infaticabili di speranza”.

È questa una pastorale gesuana, cioè fondata sulla sequela di Gesù di Nazareth e sull’impegno di realizzare il suo progetto di vita. Ma è anche una pastorale che prima di tutto richiede una inequivoca assunzione di responsabilità per ogni credente in Gesù e nel suo Vangelo, senza comode deleghe clericali.

A don Mimmo l’augurio di continuare ad essere defensor et procurator pauperum, secondo l’antica definizione del ministero episcopale, e di camminare con tenace gradualità insieme alla comunità diocesana per costruire una Chiesa “in uscita”, lontana da tatticismi e nostalgie, al servizio disinteressato di tutti e soprattutto degli ultimi e degli scartati di questa società.

Lorenzo Tommaselli

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Articolo pubblicato nel numero 341 (gennaio-febbraio 2021) della rivista “il tetto”, in uscita