Chi ricorda non mente

29-01-2022 - Notizie

Chi ricorda non mente   di Enzo Bianchi

Chi conosce la vecchiaia perché la vive o perché la osserva nelle persone che gli sono vicine, sa che la perdita della memoria è un dolore sofferto in silenzio e nell’impotenza disperante. Perdere la memoria non è solo una spoliazione ma è soffrire il furto della vita stessa.

Perché la memoria è l’esile filo interiore che ci tiene legati al nostro passato. Non è facile vivere in modo fecondo questo rapporto intimo con il proprio passato, perché corriamo sempre due pericoli di segno opposto: quello di restare prigionieri del passato, oppure quello di spezzare ogni legame con esso fino a non riconoscerlo. Nel nostro presente s’intrecciano memoria e oblio, passato e futuro, ma senza finire in un culto della memoria dobbiamo aprire un futuro al passato, come avverte acutamente Barbara Spinelli nel libro Il sonno della memoria.

La memoria diventa allora “motrice di storia” che rilegge ma non riscrive e consente di mutare non il passato ma il futuro. La memoria del male e della sua epifania è essenziale ad assumere una crudele verità: il male è possibile all’uomo, anche a me stesso, il male è banale, e quindi si arriva a considerarlo come una realtà da vincere. Il giorno della Memoria del 27 gennaio deve essere un giorno di intelligente riflessione per ricordare le vittime: dimenticarle significherebbe ucciderle una seconda volta. Sì, una porzione di umanità è stata perseguitata ed eliminata con un disegno progettato da un’altra parte di umanità accecata e barbara che non riconosceva più né la comune dignità umana, né la fraternità. È importante far risuonare con sdegno un “mai più”, ma è anche necessario interrogarci su perché la Shoah è potuta accadere.

Quando si evoca la Shoah, la si imputa esclusivamente all’ideologia nazista, individuando i colpevoli nei soggetti al servizio di quel potere totalitario e criminale. In realtà della Shoah furono responsabili anche molti uomini senza condivisione di ideologie naziste, persone con una coscienza silente e abituate a pensare solo a sé stesse. Nel silenzio o nella muta approvazione, per il bene della nazione, del popolo e della razza, scelsero l’indifferenza. Per questo, quello che è successo allora è possibile anche oggi: deboli che diventano prepotenti, impotenti che diventano aguzzini, apatici che diventano crudeli. Gli ultimi sopravvissuti all’inferno se ne stanno andando e cesseranno le narrazioni di ciò che all’inizio fu inenarrabile. E allora più che mai occorrerà vigilanza per combattere l’affievolirsi della memoria, l’oblio che è terreno fertile per negazionismi, letture oblique e giustificazioni impossibili. “L’uomo è definito dalla sua memoria”, scriveva Elie Wiesel intendendo dire che l’umanità è singolare anche per la sua capacità di memoria. Senza questa, neanche la parola sarebbe possibile a noi umani e la verità diventerebbe menzogna.