RIFLESSIONI SULL’ABORTO

13-08-2022 - Notizie

Vescovo emerito di Ivrea, è stato presidente nazionale e internazionale di Pax Christi. Ha partecipato al Concilio Vaticano II. E’ uno dei protagonisti del rinnovamento della Chiesa. 99enne fra qualche settimana è l’ultimo padre Conciliare italiano ancora vivente e lucidamente  attivo.

ROCCA  16/17   (15 agosto – 1 settembre 2022)

 

RIFLESSIONI SULL’ABORTO di Monsignor Luigi Bettazzi  

Con questo intervento di Monsignor Luigi Bettazzi, che ringraziamo, vogliamo aprire  un confronto sulle problematiche legate all’interruzione di gravidanza, tornate al centro dell’attenzione dopo la sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti d’America. Cercheremo di ospitare varie voci per approfondire con libertà e responsabilità un tema delicato da tanti punti di vista. Pensiamo anche alla possibilità di organizzare  sull’argomento un apposito convegno.

 

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La ricerca innovatrice circa l'aborto parte da due premesse: la prima è la duplice dimensione della nostra mente, la ragione e l’intelligenza (o intuizione).

La “ragione” è quella che, analizzando la realtà materiale in cui viviamo e di cui facciamo parte (anche con tutto il mondo psicologico), ne sa cogliere le strutture (il termine filosofico è “astrae”), le sa analizzare, utilizzare e dominare, creando il mondo della scienza e della tecnica (che è poi il mondo dell' “io”).

L' “intuizione” parte dal contatto con l’essere e coglie nella realtà - e nella propria coscienza - valori non riconducibili a dimensioni catalogabili: è Il mondo che intuiamo nascendo e trovandoci immersi in qualcosa più grande di noi, che ci osserva e ci cura, che ci nutre e ci fa crescere (il mondo del “noi”). E questo avvertirci in una umanità, in un mondo reale, ma misterioso e sfuggente, dura finché noi arriviamo all'uso della ragione, in cui comincia a prevalere il mondo del “io”, che poi si amplia nell’ambito delle filosofie pratiche e teoretiche.          

Questa duplice funzione della mente è stata avvertita anche dai filosofi: Blaise Pascal (1623 - 1662) parlava di uno “spirito di geometria” e di uno “spirito di finezza”, che coinvolge anche il sentimento (e parla così anche di “ragioni del cuore”); Immanuel Kant (1724-1804), seguirà il matematico Renè Descartes (Cartesio, 1590- 1650), che riduceva la realtà a quanto si può conoscere con idee chiare e distinte (come si ha appunto nel mondo della matematica ed e della geometria),  ma avvertono anch’essi che la conoscenza non si ferma lì: Cartesio parla di Dio, che garantisce l’oggettività della conoscenza, dunque la corrispondenza con la vita, e Kant aggiungerà alla “ragione pura”, riconducibile alla scienza e alla tecnologia, una “ragione pratica” necessaria per una corretta vita umana-sociale con cui arriviamo all'anima (dunque alla persona), alla sua immortalità e a Dio.

 

La realtà e l’idea

           Non è un caso che Papa Francesco dica che la realtà è più importante dell’idea, le è superiore (Evangeli Gaudium 231 – 3), e se al tempo di Galileo la realtà non credeva alla scienza, oggi è la scienza che vuole prevalere sulla realtà.

La seconda premessa (la più importante) si ritrova nella Bibbia che, nel suo parlare dell'origine dell'umanità, dice (Genesi 2,7): “ Allora il Signore Dio plasmò l'uomo con polvere del suolo e soffiò nelle sue narici un alito di vita e l'uomo divenne un essere vivente”. Questa narrazione (Gen. 1,27 afferma il “fatto”, qui il “modo”) distingue la polvere del suolo dell'essere vivente, provocato dal soffio divino dell'alito di vita.

V’è dunque qualcosa di preliminare che non è ancora il singolo essere umano, ma a quello destinato ad esserlo

 

L’alito di vita che rende persona.

Quale sarebbe il momento dell’alito di vita che rende quel preliminare una persona umana?  La “ragione” ci dice che quello sarebbe il momento in cui lo sperma maschile feconda l'ovulo femminile, perché in quel momento la scienza ci dice che v’è  la radice di quello che sarà l’uomo concreto, (perfino la persona con il proprio DNA).

Ma la scienza, nel rivelare la struttura concreta, può arrivare a dire che quella è “persona”?

E’ singolare incerta nel determinare l'inizio di una vera umanità, dall'uomo di Neanderthal al Sapiens, lo fissi in un ovulo appena fecondato e destinato - forse -  all'annientamento. L'”intuizione” infatti rimane perplessa, dato che le statistiche razionali ci comunicano che fino al 40% degli ovuli fecondati potrebbe andare disperso: la natura uccide il 40% degli esseri umani?

L'intelligenza allora può rimandare l'inizio del singolo essere umano quanto meno all'insediamento nell'utero materno (assolvendo, fra l’altro, dall’eventuale omicidio gli anticoncezionali che precedono o impediscono quell’insediamento), pensando che la singola persona inizi quando l'ovulo fecondato viene accolto da un essere umano. Ma l'ovulo fecondato inserito nel seno materno è identico a quello disperso dalla natura, con la sola differenza che può continuare a vivere e a svilupparsi.

E quand'è allora che diventa autentica persona umana? Quando -  come osserva Papa Francesco -  a 3 mesi ha già configurate le varie parti del corpo, come supponeva già San Tommaso d'Aquino, secondo le conoscenze scientifiche del suo tempo?

Una scienziata moderna - morta pochi anni fa -  insegnante di biologia all'Università di Pisa e Accademica dei licei dichiarava che, secondo lei, l’individuo umano incomincia ad essere tale quando, per parto naturale o per operazione chirurgica,  si stacca – come corpo autonomo e respirante in proprio - dalla madre, di cui fino ad allora faceva parte. E questo porterebbe a supporre che l'essere umano diventi  un autonomo individuo, persona umana, quando diventa in grado, ancora nel seno materno, di poter vivere da essere umano e da respirare autonomamente (quindi non prima del quarto/quinto mese, come Giovanni Battista che nel sesto mese sussultò nel grembo di Elisabetta al saluto di Maria - Lc 1,41- che aveva, si, appena concepito Gesù, ma… in modo eccezionale “per opera dello Spirito Santo”):  prima è sostanza destinata a divenire persona umana senza esserlo ancora (come il seme e la radice sono l’inizio dell’albero, ma non sono l’albero): la sua soppressione sarebbe, più che omicidio, eventuale reato (o peccato), anche grave, ma di altra configurazione, a seconda delle motivazioni per cui si procura l’aborto (dalla leggerezza o dall’egoismo, dal rifiuto dello stupro al bene di un embrione mal composto).

Ma… forse ci si affida così  alla “ragione”, senza tener conto anche dell’”intuizione” della maggioranza della gente, che considera la persona umana nei primi mesi, quando l’embrione diventa “feto” ivi compresa l’intuizione delle donne interessate che si rivolgono ai loro bambini dopo qualche tempo dal loro concepimento, e di quelle stesse che abortiscono, che talora ne vivono il dramma per tutta la loro vita.

Questo verrebbe a sovvertire la concezione dell'aborto  da parte della Chiesa (che peraltro battezza eventualmente il feto “sotto condizione”, la condizione che sia già uomo?) nel suo tradizionale orientamento. La tradizione peraltro non consiste nel ripetere sempre le stesse cose, ma nell'esprimere le verità del Vangelo secondo la mentalità e  la maturazione dell'umanità che cresce.

Credo che sia doverosa una seria riflessione, che permetterebbe di inquadrare il problema – individuale e sociale – dell’aborto tenendo conto del momento in cui l’ente concepito diventa “persona umana”.

Luigi Bettazzi