L’ascolto dei fedeli vissuto nelle chiese

03-10-2022 - Notizie

L’ascolto dei fedeli vissuto nelle chiese

di Enzo Bianchi in “Vita Pastorale” di ottobre 2022

Negli ultimi mesi sono state pubblicate dalle Conferenze episcopali dei vari Paesi le sintesi dei percorsi, dei confronti e delle proposte emerse nel cammino sinodale dalle Chiese locali o diocesane. Abbiamo così potuto leggere, conoscere e meditare su ciò che il popolo di Dio sente come urgenza per la vita della Chiesa nel mondo d'oggi. Papa Francesco più volte ha invitato a riconoscere il sensus fidei che è presente ed efficace nel popolo di Dio, e questo momento del Sinodo vissuto lo scorso anno è certamente un'occasione preziosa perché avvenga un ascolto da parte soprattutto dei vescovi. Secondo il diritto attualmente vigente spetterà a loro, nel Sinodo che si celebrerà nell'ottobre del 2023, giungere con il vescovo di Roma a decisioni e proposte di rinnovamento per tutta la Chiesa. Si noti che se da un lato questo Sinodo è stato voluto e indetto sul tema della sinodalità, cioè sul modo di vivere la comunione ecclesiale oggi, da tutte le Chiese sono emerse, però, anche proposte di riforma, di rinnovamento della vita ecclesiale, che non possono essere tralasciate e dimenticate. Non neghiamo i limiti e le insufficienze del cammino percorso. Del resto sono le sintesi stesse che con parresìa segnalano la mancata partecipazione e consultazione di porzioni significative del popolo di Dio, come anche le difficoltà incontrate nel coinvolgere i giovani e nel portarli a "prendere la parola", ma va comunque riconosciuta la straordinarietà di ciò che è stato vissuto nelle Chiese: l'ascolto dei fedeli! Sappiamo anche per esperienza personale che in molte comunità è mancato e manca l'interesse per il Sinodo: si teme che si riduca, ancora una volta, a un dibattito su alcuni temi senza che poi di fatto si proceda ai cambiamenti necessari. E si nutre diffidenza verso questo modo di procedere che appare ancora determinato in senso clericale. E poi occorre anche dire la verità: in questo cammino sinodale si rischia la retorica di chi qualifica ogni evento ecclesiale come "sinodale", svuotando così di significato questo esigente modo per vivere la comunione. Ma ciò che genera incertezza è anche, almeno per ora, la mancanza di chiarezza sullo svolgimento di tutto il cammino sinodale. Il Sinodo celebrato a Roma come conclusivo sarà come i Sinodi finora celebrati? I fedeli vi potranno partecipare con diritto di voto sulle proposizioni finali? Sarà sempre un Sinodo che rimanderà ogni decisione al Papa, o con il Papa potrà giungere a decidere ciò che è stato discusso da tutti e che riguarda tutti? L'ascolto che ha impegnato per un anno intero le Chiese locali e ha permesso ai fedeli, anche se non a tutti, di manifestare ciò che sentono, su cui si confrontano e che propongono, sarà recepito dal Sinodo dei vescovi come espressione del sensus fidei? Inizia ora una nuova tappa, la fase continentale che ci pare ancora molto indeterminata e incerta. È la tappa che condurrà all'Instrumentum laboris per l'assemblea ordinaria del Sinodo. Solo allora potremo avere delle conferme circa la ricezione dell'ascolto avvenuto. Dunque, ci è richiesta molta pazienza nella consapevolezza che questo cammino sinodale è realmente un novum per la Chiesa e comporta un mutamento di mentalità, un nuovo modo di concepire la comunione ecclesiale. Questa — non lo si dimentichi — è stata vissuta in passato con altri sentimenti, stili e modi di agire. Anche se c'era la coscienza che la Chiesa è sinodo (Giovanni Crisostomo), tuttavia la sinodalità trovava espressione solo in determinati contesti (sinodi, concili) ed era vissuta soprattutto dai vescovi. Occorre, dunque, pazienza e perseveranza per intraprendere il cammino che si apre ora dinanzi alla Chiesa, più di quanto sia avvenuto in passato. Occorre soprattutto, più che mai, nutrire nel cuore la passione per l'unità della Chiesa: un'unità plurale non uniforme, un'unità inclusiva non escludente, un'unità che accoglie le differenze e le fa vivere nella comunione della carità. Le diverse sintesi inviate a Roma mostrano differenze profonde nel modo di sentire, nella percezione di ciò che è urgente per vivere da cristiani nel mondo d'oggi. La proposta di rivedere alcune concezioni della sessualità, l'ammissione delle donne ai ministeri ordinati, la possibilità del celibato facoltativo per i presbiteri, sono condivise da tutte le sintesi delle Chiese dell'Europa occidentale esclusa l'Italia. Il nostro Paese ha presentato una sintesi poco significativa, non certo secondo le attese di papa Francesco, che ha chiesto più volte all'Italia di celebrare un suo Sinodo. Ma le sintesi di altre comunità nazionali, soprattutto dell'Europa orientale, si differenziano nettamente dalle altre e non a caso i loro episcopati hanno manifestato dissenso e critiche sul cammino sinodale compiuto in Germania. Non sarà affatto facile una convergenza e una composizione a livello di fase finale di tutto questo processo. La segreteria del Sinodo sta lavorando seriamente per fare un servizio a tutte le Chiese intervenendo a chiarire, ad accompagnare e a sostenere i diversi cammini sinodali. Da parte mia c'è una grande speranza: che essa possa in qualche modo colmare la grave lacuna finora registrata, cioè la mancata consultazione dei cristiani non cattolici appartenenti ad altre confessioni. Rincresce che nelle sintesi dei diversi Paesi non appaia un contributo che oggi la prassi cattolica dell'ecumenismo avrebbe richiesto. Perché è mancato l'ascolto di quelle Chiese? L'ecumenismo è proprio in fin di vita? E cosa buona che quasi tutte le sintesi contengano un rinnovato appello alla centralità della parola di Dio e abbiano richiesto una riforma della liturgia invitando a riaprire i cantieri. Ma proprio su questo, certamente, le altre Chiese cristiane avrebbero potuto offrire un contributo preciso e determinante. Ora siamo in attesa della sintesi che sarà pubblicata il prossimo mese e darà delle indicazioni sulla direzione che sta prendendo questo cammino sinodale.

Consideraziooni di Enrico Peyretti

Non per giurare su questo articolo di Enzo, ma l'impressione che sento maggiore, è che, nonostante tutto, la chiesa italiana è fiacca: ci sono alcuni testimoni veri, alcune esperienze fraterne e "samaritane" (è questo che conta), ci sono comunità di vangelo e preghiera, ma la quantità dei cattolici superstiti è devota, vuole tranquillità, non è del tutto reazionaria, ma pigra, sente che papa Francesco chiede troppo (la curia gli è contro all80%, i vescovi lo lasciano dire, lo citano a parole), noi popolo lo ammiriamo (davvero?) ma non scuotiamo le abitudini. Se non c'è un'asemblea capace di "fare" l'eucaristia insieme al prete, ma anche senza di lui quando non arriva ("eucaristia di desiderio" disse Bettazzi, nel lockdown) , allora la chiesa non c'è, è lì addormentata nei sogni del passato, seduta sulle panche, placidamente devota, esce da messa e torna alla vita feriale, non soffre troppo per la guerra (basta che parli il papa, e che non arrivi qui), vota la destra autoritaria, oppure si astiene e  lascia fare a chi vota. Il clero è stanco, sfinito (salvo alcuni eroici), tira avanti, soffre, i preti giovani si rimettono la maxi-gonna per coprire una  identità vuota o nevrotica. L'ambiente, l'economia, non sono impegno cristiano: basta non rubare, non tenere il sacco, basta non fare lavori troppo sporchi. Ma forse sto sbagliando io in questa analisi: è normale, è evangelico, è molto bene che la chiesa non sia più quella della mia infanzia, 80 anni fa, e neppure quella illusoria del "santo subito". E' bene che sia piccola, fatta di piccole comunità invisibili se non nella bontà umile di alcune vite personali alimentate al vangelo, e imperfette. La chiesa delle cupole, piantate sulle città nei secoli passati, è bene che non ci sia più, e che le cupole diventino mete turistiche, perchè sono anche belle, ma mai più emblemi cristiani. Gli altari diventino mense fraterne, una tavolata, non siano più l'ara dei sacrifici pagani dove si sacrifica Gesù (che ha abolito tutti i sacrifici), ma siano solo la cena di quella sera, per ricordarci di lui, presente. Il Concilio non è bastato: è prezioso, da riprendere e proseguire, ma procedere molto. Chi resta a Radiomaria ci resti, pace all'anima sua. Non raccogliete tristezza in queste parole, che sarebbe sbagliata: come il coraggio di invecchiare e perdere le forze porta alla verità essenziale, così una chiesa concentrata e ridotta al piccolo seme, al piccolo gregge, sarà più vera. Ma abbia il coraggio di archivare nei musei cupole e palandrane sacre, e cominci daccapo. Non indietro, ma oltre.  Molto più che un sinodo di documenti, già tanti. Ciao, Enrico.