II DOMENICA ANNO A

17-01-2023 - Preghiere poesie

II DOMENICA ANNO A con preghiera dei piccoli

Dal Vangelo secondo Giovanni  1, 29 – 34

In quel tempo, Giovanni, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo! Egli è colui del quale ho detto: “Dopo di me viene un uomo che è avanti a me, perché era prima di me”. Io non lo conoscevo, ma sono venuto a battezzare nell’acqua, perché egli fosse manifestato a Israele». Giovanni testimoniò dicendo: «Ho contemplato lo Spirito discendere come una colomba dal cielo e rimanere su di lui. Io non lo conoscevo, ma proprio colui che mi ha inviato a battezzare nell’acqua mi disse: “Colui sul quale vedrai discendere e rimanere lo Spirito, è lui che battezza nello Spirito Santo”. E io ho visto e ho testimoniato che questi è il Figlio di Dio».

La scena la conosciamo: Giovanni Battista è alle prese con una notevole folla che gli chiede di essere battezzata nelle acque del fiume Giordano. All’orizzonte scorge un uomo che avanza verso di lui e che si sta mettendo in fila in mezzo ad altri uomini. È presenza discreta, anonima e del tutto uguale agli altri.

Giovanni Battista, però, lo nota. Lo vede e resta – con gli occhi e con il cuore – attaccato a “questo” uomo. Ed ecco il primo insegnamento che questo breve racconto del Vangelo ci vuole consegnare: Giovanni Battista è grande perché ha saputo scorgere, vedere e accogliere un uomo del tutto uguale a noi e perché si è lasciato provocare e interrogare da quella fragile, umile, ma anche autorevole presenza. Giovanni Battista non “ha visto” – però – un Dio facilmente riconoscibile da segni straordinari; non ha intravisto un potente (l’Imperatore?) ricoperto dai vistosi simboli che lo accompagnano. Ha colto nell’umanità di Gesù del tutto uguale alla nostra i segni di una presenza da accogliere perché capace di cambiare sguardo, modo di vivere e di salvare.

Verrebbe da dire, per il nostro tempo, chi ci insegna a scorgere negli uomini fragili e al fondo della fila che vediamo tutti i giorni (sulle strade, sul televisore e sui media) la presenza che ci salva perché ci chiede di cambiare cuore e sguardo? Chi ci ricorda che l’uomo debole posto ai margini del convivere sociale va notato, fissato e anche accolto, se vogliamo che i nostri occhi imparino a conoscere il volto di Dio?

Vedere e credere, ci dice Giovanni Battista, sono le due facce della stessa medaglia. E se in molti ci dicono che prima bisogna “vedere” e solo dopo “credere”, il Vangelo ci presenta lo schema opposto e ci ricorda che per “vedere” il cuore dell’altro è necessario prima “credere” in lui. Una regola che vale per i nostri figli, per quanti vogliamo e dobbiamo educare, ma che guida anche le logiche dell’amore. Solo chi si fida dell’altro e crede in lui riesce ad amarlo al punto da vedere dopo (solo dopo essersi fidato di lui!) l’amore ricambiato. Chi per amare ha bisogno di “vedere” e di prove d’amore resta nell’anaffettività di chi non sa amare e, proprio per questo, chiuso in sé stesso.

Giovanni Battista, ci dice l’evangelista, ha imparato a vedere con gli occhi del cuore. Ed è per questo che riesce a vedere chi avanza verso di lui. Ma qui l’evangelista compie un vero capolavoro: dopo averci presentato Giovanni Battista come colui che sa vedere con gli occhi del cuore, gli fa esclamare – per ben due volte! – “io non lo conoscevo”. Quasi che l’evangelista voglia smontare il superficiale entusiasmo di chi è convinto di “conoscere” in modo esaustivo Gesù di Nazaret e, forse, anche di “possederlo”. Chissà se nella comunità dell’evangelista ci sono discepoli così devoti e pii da sentirsi più “cristiani” degli altri. Chissà se l’evangelista pensa a qualcuno in modo speciale che non ha mai dubbi e che ha una così certa conoscenza del Signore Gesù da non doverlo più cercare e nemmeno ascoltare. Giovanni Battista – ci dice chi scrive – “non lo conosceva”. Per una semplice ragione: perché quell’ “uomo” – Gesù – nessuno lo può “prendere”, “catturare”, “possedere” o “conoscere” una volta per tutte.

E se fosse questa la seconda grande lezione per il nostro tempo? Causa il covid abbiamo imparato a fare a meno anche della messa domenicale. Il Vangelo un po’ lo conosciamo e dunque possiamo anche non tenerlo in casa. E grazie al catechismo fatto nell’infanzia, i dieci comandamenti i meno giovani li conoscono a memoria. “Può bastare – pensano in molti – per dirsi cristiani”. Per l’evangelista non è così. Per avvicinarci alla “conoscenza” di Gesù ci vogliono continuità, costanza e comunità, ci spiega questo denso e inesauribile passo del Vangelo. Come a dire che almeno una volta alla settimana dobbiamo “fermarci” ad ascoltare il Vangelo insieme per imparare a ri-conoscere in Gesù il pane spezzato che nutre la nostra voglia di cose grandi e che ci rende capaci di perdonare e di amare.

Il senso della Domenica è proprio questo: educarci a quella sosta settimanale (necessaria, saggia e indispensabile) perché il Vangelo si impasti con la nostra vita e perché il nostro cuore apprenda le due preghiere che ci rendono beati: La prima: “io non lo conoscevo” (e dunque Gesù aiutami a conoscerti e non permettere che mi senta arrivato o che mi illuda di conoscerti e di sapere tutto di Te!) La seconda: “Resta con noi Signore, perché solo Tu, Gesù risorto, sei capace di far ardere il nostro cuore quando ci spieghi le scritture (Lc. 24,32); solo Tu, Signore, ci dai la forza di cambiare strada e di riconoscere nel fratello al fondo della fila la Tua presenza che ci parla e che ci salva.

Da duemila anni la chiesa propone questa “cura” per contrastare il male di vivere.

Un programma saggio di libertà per capire che per “conoscere” se stessi dobbiamo “conoscere” Gesù.

 

Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

                  l’anno scorso con la mia classe siamo andati a visitare un allevamento di “piccioni viaggiatori”.

Il signore della cascina ci ha spiegato che piccioni e colombe sono viaggiatori perché sono fedeli al loro nido.

Una volta fatta la “casa” per i loro piccoli, non la cambiano più: imparano la strada e tornano sempre a quel nido.

Adesso ho capito, Gesù, perché su di Te lo Spirito è sceso “come una colomba dal cielo”: perché Tu, Gesù, sei come il nido per la colomba e chi trova Te trova anche il Tuo Spirito; e chi riceve il Tuo Spirito incontra Te.

Gesù, dona anche a me il Tuo Spirito e fa che il dono dello Spirito Santo diventi per me la forza che mi insegna a perdonare chi mi ha fatto dei dispetti e che mi doni la voglia di conoscerti sempre più. Proprio come ha fatto Giovanni.