III DOMENICA ANNO A

23-04-2023 - Preghiere poesie

III DOMENICA ANNO A  con preghiera dei piccoli

Dal Vangelo di Luca 24, 13 - 35

Ed ecco, in quello stesso giorno (il primo della settimana) due di loro erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17Ed egli disse loro: "Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?". Si fermarono, col volto triste; 18uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: "Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?". …30Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 

 

Nel primo libro dei Maccabei si racconta che a Emmaus (siamo tra il 175 e il 134 avanti Cristo) “gli uomini di Giuda diedero fiato alle trombe 14e attaccarono. I pagani furono sconfitti e fuggirono verso la pianura, 15ma quelli che erano più indietro caddero tutti uccisi di spada.  … ne caddero circa tremila. … 25Fu quello un giorno di grande liberazione per Israele.” (1 Maccabei 4,1ss). Emmaus è perciò un luogo storico e simbolico che parla di vittoria, di trionfo e di annientamento del nemico. Ecco perché i due discepoli hanno deciso di allontanarsi dalla città in cui è stato ucciso Gesù di Nazaret e si sono incamminati verso Emmaus: perché sono sconsolati, tristi e si illudono che recarsi a Emmaus possa calmare un po’ quel senso di sconfitta che la condanna in croce di Gesù ha consegnato loro. Delusi dal presente e convinti che con l’arresto e l’uccisione di Gesù sia stato rubato loro il futuro, questi due discepoli si rifugiano nel passato e con una forte carica di nostalgia si accontentano del profumo di vittoria acquisita in decenni ormai lontani.

Schemi che consociamo molto bene e che sembrano una fotografia di quanto viviamo oggi. Si pensi ai nostri contesti ecclesiali: sono sempre più vuoti e con età media dei partecipanti sempre più alta; il calo di vocazioni sacerdotali e religiose ci segnala che non ci sono più le forze per reggere servizi che fino a ieri erano ordinari. Siamo cioè immersi in una crisi di fede che sta cambiando il volto delle nostre Parrocchie. Ma è così anche per la vita politica e sociale. I partiti non hanno più i numeri, la consistenza e la forza attrattiva di ieri; la crisi demografica svuota le nostre scuole e i nostri contesti urbani; non esiste più il lavoro garantito che ieri si cercava dopo il militare; la crisi della famiglia è visibile ad occhio nudo e sono davvero tante le coppie che vivono, con i figli, la dolorosa esperienza della separazione. Non stupisce che alle prese con questi inattesi cambiamenti che generano disorientamento nasca – in molti – quel senso di nostalgia triste che spinge a rifugiarsi nel passato. Ci disorientano i cambiamenti climatici (creati da noi); vorremmo fermare l’immigrazione che cambia volto alle nostre città (ma sappiamo che senza immigrati la nostra economia crolla); ci lamentiamo che i nostri giovani non vanno in chiesa, ma non ci siamo accorti che insieme – loro e noi – ci siamo allontanati dal Vangelo.

E mentre procediamo (esattamente come i discepoli di Emmaus) alle prese con la nostra nostalgia triste e fissiamo il passato (!), quasi mai ci accorgiamo che il Signore Gesù ci cammina accanto; ci affianca, ci parla, ci spiega quanto ci sta accadendo e vorrebbe aiutarci ad entrare nel senso profondo della storia con l’aiuto della Parola di Dio.

Ed eccoci nel cuore del nostro racconto pasquale: Gesù risorto cammina con noi. Sceglie di stare con noi e di ascoltare le nostre fatiche e i nostri dubbi. Subito dopo - però - Gesù risorto ci parla, spiega il Suo Vangelo e fa in modo che chi lo ascolta lo inviti a “restare con Lui”. Ed è la premessa perché si realizzi il miracolo del presente trasfigurato dalla Sua presenza. Per scoprire che Gesù risorto non è più un viandante anonimo e sconosciuto, ma la Parola che cura e che salva, l’Ospite che trasforma in casa qualsiasi edificio, il Dono che educa a dare e a servire, il Compagno di strada che fuga la paura e il Fratello che libera dalla solitudine, dall’isolamento e dall’egoismo.

San Luca inserisce nel suo racconto un chiaro riferimento alla celebrazione eucaristica. Per spiegare alla comunità che lo legge (e a tutti noi!) che quanto vivono i discepoli diretti ad Emmaus, è dinamica che appartiene ad ogni discepolo (di ieri e di oggi). Ma è solo all’interno del rito eucaristico che si riesce a ritrovare la speranza che non si trova fissando il passato. Solo nell’ascolto della Parola di Dio si capisce quanto ci accade. E solo nel coraggioso atto del vivere la fraternità con chi la vita ci ha messo accanto si impara a condividere, a perdonare e a servire.

I due discepoli diretti a Emmaus erano tristi. Dopo che Gesù risorto ha spezzato il pane con loro, Cleopa e il suo anonimo compagno di viaggio (ognuno di noi?) si sono ritrovati il cuore colmo di gioia e hanno recuperato il coraggio, la forza e la libertà necessaria per abbandonare i vecchi schemi mentali (“fecero ritorno a Gerusalemme”) e per intraprendere un cammino nuovo. Intriso di speranza.

Buon cammino anche a noi e buon tempo pasquale.

                                                                             Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

                        il don ci ha spiegato che i due discepoli sono diretti a Emmaus perché quello è un posto in cui il popolo di Israele ha riportato una grande vittoria sui nemici.   Sono tristi e delusi per la Tua morte e sono così presi dai loro pensieri negativi che non si accorgono che Tu li hai avvicinati e cammini con loro. Gesù ormai mi è chiaro: non vederti con gli occhi non vuole dire che Tu non ci sei. Anche se “non -visibile”, Tu sei sempre con noi. Come il vento. Come l’amore: che non si vede, ma si sente quando qualcuno ti tiene per mano. Oggi ho capito meglio la mia Prima Comunione, Gesù.  Mi sento come quel

discepolo senza nome che, con i suoi compagni, cammina con Te.

Grazie, Gesù, perché mi hai invitato alla Tua tavola (dove Tu ci spieghi che nel dono di sé non c’è mai sconfitta).