V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (Lc. 5,1-11) - 09.II.2025
Disse a Simone: “Prendi il largo e gettate le vostre reti per la pesca”.
I primi discepoli chiamati da Gesù, nel Vangelo di Marco, sono coppie di fratelli (Mc. 1,16ss). Per ricordare a chi legge che la fraternità – pesantemente ferita dalla vicenda di Caino e Abele – è, grazie al Signore Gesù, nuovamente possibile.
San Luca imposta diversamente la chiamata di Gesù dei suoi primi discepoli. Ci presenta il falegname di Nazaret che chiama a sé Simone e i suoi “soci”, i suoi colleghi, quanti lavorano con lui nella stessa azienda. Sono, insieme, i titolari di un’impresa collettiva abituati a collaborare e a gestire insieme il lavoro della pesca per arrivare, diremmo oggi, “a fine mese”. Hanno volto scavato dal sole e mani segnate dal duro lavoro della pesca. Fa pensare, tra l’altro, che Gesù vada in cerca dei suoi primi collaboratori sulle sponde del lago: tra barche, reti e pescatori e non si sia recato, per questa delicata ricerca di collaboratori al Tempio o presso qualche scuola di scribi o di farisei. Gesù ha cercato “aiutanti” e discepoli tra chi aveva scelto e scommesso sul fare impresa: chi era competente della dura legge del lavorare molto e dei rischi del prendere poco o niente.
La loro reazione è diretta e sincera: “Maestro abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla”. Sono consapevoli dei loro imiti. Non li nascondono. Ma non hanno ancora capito che è proprio questa la ragione per cui Gesù li ha chiamati: perché hanno attraversato – senza scappare – la “notte” e il “nulla”.
Quante volte nella nostra vita dopo tanto lavoro dobbiamo fare nostre queste due parole: “notte” e “nulla”! Penso a tante nostre famiglie e a quanti si sono avventurati nella fatica di una piccola o media impresa. Penso a genitori che dopo sacrifici e sforzi si confrontano con figli che faticano a trovare il loro posto nella vita. Penso ad aziende in crisi che vedono crollare sogni e anni di storia! Ma constato anche progetti politici nazionali o internazionali che si immergono nella “notte” del fallimento perché guidati dalla voglia di risolvere i “propri” problemi economici (locali e nazionali) e non di costruire giustizia e pace nel mondo.
Il Vangelo di san Luca non ha dubbi: se la stella polare dell’impresa (di qualsiasi impresa!) è il profitto sganciato e separato dal rispetto delle persone e dunque dalla vera giustizia, prima o poi si arriva a quella “notte” in cui si prende “nulla”.
Penso a ciò che è stato chiamato lo “tsunami” Trump dopo il suo recente insediamento alla Casa Bianca: se l’obiettivo del nuovo Presidente è rendere sempre più “grande” il proprio Stato affinché possa dominare di più e meglio i Paesi più poveri e se per fare questo l’America è disposta “anche” a fermare il piano chiamato “Alleanza per il Progresso” fondato da J. Kennedy per aiutare i Paesi sottosviluppati ad alzare la testa, i faraonici progetti di chi si sente investito da mandati divini è destinato a fallire e a diffondere disperazione e ingiustizie in tantissimi Paesi meno sviluppati che hanno la sola colpa di cercare speranza e giustizia.
La proposta di Gesù è decisamente più bella, più giusta e più umana. Intanto prima di chiamare a sé condivide percorsi di amicizia e si fa conoscere da quanti saranno invitati a seguirlo. Se nel capitolo cinque del suo vangelo san Luca chiede a Simone e alla sua squadra di “fidarsi” di lui che li farà pescatori di uomini, al capitolo quattro Gesù decide di stare un po’ a Cafarnao: quasi sicuramente a casa di Simone. Il che significa che quando Gesù lo chiama, loro sono già “compagni”; si conoscono e si frequentano. Simone non decide di seguire uno sconosciuto, uno visto per la prima volta. Ma un “amico” che ha un qualcosa di speciale e al quale è possibile dare fiducia. Non aveva senso – dopo una pesca fallimentare – prendere il largo di giorno e nuovamente gettare le reti della pesca. Simone però sa che l’“Amico” che gli ha guarito la suocera è affidabile. Fa suo l’invito di Gesù e lui e “soci” “presero una quantità enorme di pesci e le loro reti quasi si rompevano”.
Ecco la bella notizia: il vuoto, il buio, la notte e il nulla che tante volte arrivano nella nostra vita possano scomparire se decidiamo di affidarci alla Parola di Gesù e se compiamo la scelta di estrarre dall’ingiustizia, dalla miseria e dalle acque del male chi è piegato dalla povertà e non sa come raggiungere l’ossigeno della speranza, della giustizia e della vita dignitosa.
“Prendere il largo e diventare pescatore di uomini”: che bel programma.
In fondo è ciò che un tempo si chiamava “vocazione”. E che non riguardava solo preti e suore, ma qualsiasi giovane che – nel processo di crescita e alle prese con la formazione cristiana – sentiva dentro di sé il desiderio di non vivere “solo” per potersi acquistare la casa di proprietà, l’auto o la seconda abitazione al mare o in montagna. Era il sogno – generoso e bello – di chi voleva fare cose “grandi” per gli altri; per chi viveva nel Sud del mondo; per i poveri e per chi era meno fortunato. Come ha fatto Pier Giorgio Frassati che non è diventato né prete né monaco, ma chi si è speso (e spento!) per portare speranza a chi non aveva nulla.
Ed è di questo invito che hanno bisogno come il pane i nostri giovani (e noi con loro).
Buona domenica.