II DOMENICA DI QUAREISMA (Lc. 9,28b-36) - 16.III.2025
09 Marzo 2025
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante
Sono in molti a giudicare il tempo presente come particolarmente “buio” e lontano da fonti di luce e di speranza. Ed è inutile negarlo: immigrazione, guerre che non si riescono a fermare, crisi delle democrazie occidentali, trasformazioni geopolitiche impensabili fino a qualche anno fa…, sono tutti segnali che rendono legittimo e giustificato il nostro pessimismo. Senza contare il ricorrente richiamo a scudi atomici e ad armi nucleari per illudersi di illuminare la notte che stiamo attraversando. Come se i tragici bombardamenti di Hiroshima e di Nagasaki del 6 e 9 agosto 1945 non ci avessero insegnato nulla!
Il Vangelo di questa seconda domenica di Quaresima ci indica un’altra strada per trovare la luce quando si è alle prese con prove straordinarie e con oppressioni, sconfitte e aggressioni che sembrano irrisolvibili. Perché è questo ciò di cui Gesù è pienamente consapevole e che annuncia ai suoi discepoli: “Il Figlio dell'uomo - disse - deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno” (Lc. 9,22). Giorno dopo giorno, Gesù prende sempre più coscienza che il suo modo di muoversi in questo mondo carico di ingiustizie, di violenza e di falsità è destinato ad infrangersi contro il potere religioso (e politico) che, insieme, lo condanneranno alla morte in croce. Gesù non cambia il suo essere, il suo dire o il suo fare per evitare una condanna sempre più certa. Non arma – però – nemmeno un esercito superiore a quello dei suoi avversari per sperare di vincerli sul piano militare, delle armi e della forza. Sei versetti dopo questo tragico e doloroso annuncio, Gesù prende con sé Pietro, Giacomo e Giovanni per recarsi “sul monte a pregare”. La tradizione collocherà poi la cosiddetta trasfigurazione di Gesù sul monte Tabor, ma per l’evangelista ciò che conta non è il luogo, ma il fatto di presentare al suo lettore la sola fonte di luce vera in grado di contrastare le tenebre della violenza, delle ingiustizie, della morte e dell’arroganza di ogni potere. Ma perché Gesù costruisce questa originalissima catechesi per alcuni dei suoi discepoli? Perché sa molto bene che il cuore umano è perennemente tentato di “fermare” la violenza con altra violenza. Perché sa che armi chiamano armi e perché è consapevole che solo dall’amore, dal perdono e dalla nonviolenza si ottiene quella luce vera che è realmente in grado di fermare il male di ogni ingiusta aggressione. Per convincere i suoi discepoli che la vera forza è data dalla scelta della nonviolenza, Gesù anticipa – per loro – il mattino di Pasqua. Rivediamo il testo.
Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare. Chi prende l’iniziativa, ancora una volta, è Gesù. È Lui che prende con sé chi vuole. E si noti il particolare: il Maestro non si fa accompagnare dalle folle. Individua un piccolo gruppo. Perché sa che solo nel piccolo gruppo si riesce realmente ad essere presenti, ad imparare e ad assimilare un insegnamento. Li invita a salire sul monte con Lui e chiede loro di essere testimoni al Suo pregare. Messaggio forte e chiaro: nel piccolo gruppo chiamato da Gesù ci siamo anche noi. Chiamati per nome, dice l’evangelista, per sottolineare la bellezza e l’intensità della pedagogia di Gesù. “Non capite la logica della giustizia che oppone all’avanzare del male e della violenza la grammatica dell’amore – dice Gesù – bene, salite con me sul monte. Seguitemi e familiarizzate con il mio pensiero e con la mia Parola”. Sarà questo camminare con Lui e questo pregare con Lui che renderà possibile la trasformazione interiore. Fino a quando, a poco a poco, chi segue Gesù e si fida della sua Parola, prende coscienza che in lui cambiano non solo gli schemi mentali, ma anche le relazioni e le proprie emozioni. All’inizio non si capisce la logica di Gesù. Sembra illogica. Si resiste e si è convinti che al buio della violenza si debba reagire con la debole luce delle armi.
San Luca descrive la resistenza dei tre a fidarsi della proposta di Gesù con la categoria del sonno (“Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno”). Non si fidano. Fino a quando Gesù mostra loro la luce sfolgorante del mattino di Pasqua: vittoria del bene e della vita sul male e sulla morte. È questo il cammino a cui siamo chiamati in questa quaresima: opporre alla luce falsa delle bombe atomiche (che tutto distruggono e che spengono l vita), la veste candida e sfolgorante di Gesù che educa il nostro cuore alla grammatica della vita, del perdono e della giustizia aperta all’amore.
Nessun esegeta riuscirà mai a dirci perché Gesù ha preso con Sé solo Pietro, Giacomo e Giovanni. Come mai nessuno ci spiegherà perché siamo stati battezzati, perché abbiamo risposto alla chiamata di Gesù e perché abbiamo provato a seguirlo. Tra mille dubbi e tante paure anche a noi, oggi, è chiesto di salire sul monte. Con Lui. Di pregare con lui. E di fissare quella luce sfolgorante che illumina cuore, vita, società e conflitti perché si fermi – una volta per tutte – il diffondersi dell’odio che prepara morte e guerre.
Buona quaresima a tutti.
Caro Gesù,
ma perché Pietro, Giovanni e Giacomo ogni volta che Tu preghi si addormentano?
Perché sono anziani o perché non accettano quello che Tu proponi loro?
Secondo me si sono addormentati per non sentire i Tuoi “discorsi”.
Tu hai detto loro che avresti dovuto soffrire, dare la vita, essere rifiutato, arrestato, ucciso e poi risorgere. E loro hanno chiuso i collegamenti perché cercavano un Messia vittorioso e forte, non uno che muore in croce come un bandito.
Quando “sentono” che Tu non comandi, ma che servi e quando “vedono” che Tu non dai posti speciali ai tuoi amici, ma che scegli l’ultimo posto per stare vicino a chi sta male, loro si rifiutano di sentire i Tuoi “discorsi”.
Chiudono gli occhi per non vedere, per non sentire e soprattutto per non cambiare. E dormono.
Tu però non molli.
Li aspetti. E hai pazienza con ciascuno di noi.
Grazie Gesù.