V DOMENICA DI QUARESIMA Giovanni 8, 1-11

06-04-2025 - Preghiere poesie

V DOMENICA DI QUARESIMA Giovanni 8, 1-11  e preghiera dei piccoli

“Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più”.

 

Domenica scorsa ci siamo domandati se Dio può essere come quel Padre che corre incontro al figlio che ha sperperato parte dell’eredità per riempirlo di perdono e – allo stesso tempo – che esce per cercare il fratello maggiore: anch’egli fuori casa! Si, ci siamo detti. Dio è come quel Padre: che non si stanca di aspettare, di cercare, di correre verso di noi e di perdonare anche l’imperdonabile. E perché si radichi nel nostro cuore questo vero e proprio contenuto della nostra fede cristiana, ecco il passo in cui ci viene raccontato che da Gesù viene condotta una donna sorpresa in fragrante adulterio per sentire se Lui, il Maestro di Nazaret, è in sintonia con la legge di Mosè che prescrive la lapidazione per colpe simili.

Il passo è noto ed è stato commentato più volte. Se la chiesa ci offre questa impegnativa e scomoda pagina di Vangelo per pregare in Quaresima è perché conosce le nostre fragilità e le nostre paure a credere che il Dio di Gesù possa arrivare ad un livello così profondo e così intenso di perdono. Si tenga presente che per i primi secoli dell’era cristiana questa pagina è stata ignorata e “stralciata” dal vangelo di Luca che l’ha scritta. Perdonare l’adulterio poteva diventare pericoloso per il sistema sociale del tempo. Senza contare che i legislatori maschi erano impauriti dalla parola di perdono che Gesù ha dato alla donna: “Neanch’io ti condanno; va e d’ora in poi non peccare più”.

Gesù sa come siamo fatti. Conosce non solo i pensieri, ma il cuore di chi lo interroga. E sa molto bene che condannare solo la donna, significa “mandare” un messaggio forte alle mogli per proteggere certamente il maschilismo dominante, ma anche il diritto di “proprietà” sulle donne di maschi che scrivono e applicano le leggi sempre a loro favore.

Per Gesù le cose non stanno proprio così. Intanto l’adulterio coinvolge – inevitabilmente – due persone. Perché a Lui conducono solo la donna? Perché solo la donna deve essere condannata e lapidata? Ma se l’uomo – fanno capire gli scribi e i farisei che si rivolgono a Gesù – deve essere capito, compreso e forse anche perdonato (e in ogni caso anche non coinvolto), perché non si può usare la stessa medaglia anche per la donna?

Severi con gli altri e permissivi con sé stessi: è questo il metro di misura dell’uomo vecchio. Gesù vuole cambiare il nostro modo di guardare il mondo e di giudicarlo. A cominciare dal fatto che il Dio di Gesù non condanna. Mai. Nessuno. Nemmeno chi sbaglia.

Per la durezza del vostro cuore chiedete condanne e lapidazioni”, fa capire Gesù. Ma se la condanna viene applicata in modo rigido, nessuno si sottrae al lancio delle pietre della lapidazione! Ed ecco il primo messaggio che oggi la chiesa ci dona: Dio non è un giudice che condanna. Mai. E così facendo ci educa, da un lato, a non condannare il fratello che esce dalla retta via; dall’altro lato – ecco la buona notizia – a non condannare sé stessi per fragilità o errori che – ingiustamente – riteniamo imperdonabili.

Quante ansie, quante nevrosi, quanto stress ci genera l’incapacità di accogliere le proprie fragilità e alcuni nostri errori! Quan rigidità si annida nel nostro cuore prima di imparare che chiedere perdono a Dio vuole anche dire esercitarsi a perdonare noi stessi! Lo ha detto molto bene suor Odette Prevost, uccisa in Algeria il 10 novembre 1995: “Vivi l’oggi: Dio te lo offre, è tuo. Il passato? Dio lo perdona. Il futuro? Dio lo dona. Vivi l’oggi in comunione con lui”.

Ma c’è un secondo messaggio liberante che proviene da questa inesauribile pagina di vangelo: nel condurre a Gesù solo la donna colta in flagrante adulterio, scribi e farisei rendono visibile la fragilità e la pericolosità del “pensiero semplice”. Si condanna la donna alla lapidazione e così la Legge di Mosè è rispettata; l’esempio (alle altre donne) è stato dato e l’uomo (maschio) si sente in pace con la sua coscienza.

L’invito di Gesù è a scendere in profondità per imparare prendere le distanze da quel modo semplice di guardare alla storia per assolvere sé stessi che è falso e nocivo per tutti.

Se ci sono in strada delle donne che vendono il loro corpo è perché su quella stessa strada ci sono uomini che lo vogliono comprare, quel corpo! Quanti uomini in giacca e cravatta intraprendono quel triste turismo sessuale che li porta lontano da casa per acquistare prestazioni sessuali da ragazze e giovani donne costrette a quel commercio per sfamare sé stesse e i loro figli! Condannare la donna e assolvere l’uomo che paga, è la peggiore delle ipocrisie. L’uno e l’altra sono dentro una povertà affettiva, economica, relazionale e umana che necessitano di aiuto, di misericordia e di aiuto a ritrovare la propria umanità libera e liberata. Anziché condannare la donna o l’uomo, Gesù vuole aiutare lei e lui a riprendere il cammino in piena fedeltà all’amore e alla propria verità.

La vita sessuale è una cifra dell’amore. Con il suo perdono Gesù aiuta chi ascolta la Sua Parola a saldare in sé stesso le tante dimensioni della vita perché arrivino all’amore adulto: vero e completo. Con il Suo Vangelo, Gesù spiega a chi ha nostalgia di Pasqua che il Suo perdono è la promessa che attendiamo da sempre per aprirci alla speranza.

Buon cammino verso la Pasqua ormai prossima.

 

 

                                                                                                Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

                   quando ho sentito, in chiesa, che Tu ti sei chinato e ti sei messo “a scrivere col dito per terra”, ho pensato che allora i nostri nomi non sono scritti solo nel cielo (Luca 10,20), ma anche sulla sabbia.

E per tutta la domenica mi sono tenuto dentro questo piccolo accostamento tra cielo e sabbia.

Mi domandavo: forse quando hai visto che tutti condannavano quella donna hai guardato in alto, nel cielo.

Hai verificato se il suo nome era scritto là dove regna la gioia. Hai cercato il suo nome nei Tuoi registri e – una volta trovato – lo hai copiato e scritto sulla sabbia.

Per farle capire che Tu non condanni nessuno.

Per aiutarla a non sentirsi sola.

Per dirle che Tu ti chini su tutti noi per aiutarci a cambiare.

Per insegnarci a non giudicare mai.

Sei forte Gesù.

Scrivi anche il mio nome, sulla sabbia.