DOMENICA DELLE PALME (Luca 23, 35-49)
“Oggi sarai con me in paradiso”.
“Il popolo stava a vedere”, scrive san Luca per descrivere quanto accade a Gesù in croce. E l’espressione utilizzata dall’evangelista è specifica. Non dice “la folla” (intesa come massa anonima di cui non si conosce nessuna identità), ma utilizza il termine “popolo” per evidenziare il contrasto e la distanza dei connazionali di Gesù dai capi e dai soldati che lo hanno condannato a morte, messo in croce e che adesso lo deridono e lo scherniscono.
Il “popolo”: persone che non sono solo curiosi o spettatori indifferenti. Sono impotenti e costretti ad assistere ad una condanna capitale che non riesce proprio a presentarsi come “giusta”. Al punto che dopo la morte di Gesù l’evangelista annota: “tutta la folla che era venuta a vedere questo spettacolo, ripensando a quanto era accaduto, se ne tornava battendosi il petto.” (23,48). Si può fingere di non vederlo. Si può decidere di voltare lo sguardo dall’altra parte oppure scegliere di “fissare” quel corpo appeso alla croce, ma – in ogni caso – è impossibile restare estranei a questa scena. Siamo chiamati – ci dice san Luca – a prendere posizione: o a favore o contro il Crocefisso.
Ma vediamo chi si scaglia contro quel condannato a morte e come. Per san Luca sono tre soggetti che decidono di mettersi contro Gesù appeso alla croce: i capi, i soldati e uno dei due crocefissi condannati con lui. È molto probabile che il numero tre richiami le tre tentazioni di Gesù nel deserto (Lc. 4,1-12). Anche se tra quel racconto e questa scena sussiste una interessante differenza: nel deserto Gesù si oppone alle proposte del diavolo con la forza della Parola di Dio (“sta scritto…”), in croce Gesù tace. Agli insulti di chi lo deride e lo schernisce Gesù non risponde e oppone il suo eloquente silenzio. E si noti il particolare: tutti e tre gli insulti (dei capi, dei soldati e del ladrone malvagio) chiedono a Gesù di dimostrare il suo essere il Messia “salvando sé stesso” (“e noi” aggiunge il ladrone!). Nel giro di cinque versetti l’evangelista utilizza per ben quattro volte il verbo “salvare”. E ogni persona che insulta Gesù si sente autorizzato a decidere i tempi, i modi, il come e il quando Gesù deve rivelarsi colui che salva. È la tentazione di sempre e di tutti. Siamo fatti così: la salvezza la vogliamo vedere, toccare con mano e soprattutto la vogliamo per noi, qui e ora. L’insegnamento di san Luca è prezioso. La salvezza che cerchiamo senza la guida della Parola di Dio, è superficiale e troppo privata per essere una vera salvezza. Gesù non può salvare sé stesso perché la sua intera esistenza è stata spesa per gli altri! Gesù non può stordire con effetti speciale chi gli fa del male, perché in questo modo risponderebbe al male ricevuto facendo altro male e rivelandosi incapace di salvarci dall’odio, dalla violenza e dalla cattiveria. Gesù non può risolvere i miei problemi finanziari, scolastici, lavorativi o affettivi. Se la “mia” salvezza è una vincita al lotto, il superamento dell’esame o il ritorno di un amore che ha preso altre strade, non è vera preghiera e non è detto che quanto cercato o invocato sia realmente la mia “salvezza”.
Dobbiamo rassegnarci al silenzio di Gesù in croce e autoconvincerci che Lui è distante da noi perché troppo preso dal suo dolore e sfinito da un’agonia che lo massacra? Per evitare che ognuno venga preso da questi pensieri San Luca pone al centro della scena che si consuma sul Calvario un secondo condannato a morte. Il quale, a differenza dell’altro, non deride Gesù, ma prima rimprovera chi si scaglia contro chi subisce la stessa pena. E subito dopo chiede a Gesù un “ricordo” quando Lui, il Messia, entrerà nel Suo Regno. La scena è commovente. La supplica del crocefisso che si riconosce colpevole e bisognoso della salvezza di Gesù rompe il silenzio del Maestro. Non gli ha chiesto di schiodarlo dalla croce. Ha chiesto un “ricordo”, un pensiero, un segno di affetto che va inteso anche come un aiuto a cambiare modo di pensare, ora che la vita non può più cambiare sul piano storico. Gesù – come è nel Suo stile – va oltre le aspettative. Gli conferma che “oggi” sarai con me in Paradiso. Ha chiesto un “ricordo” per il futuro, Gesù gli promette che “oggi” sarà nel paradiso: dove morte, violenza e odio sono sostituiti dall’amore e dove si vive “per sempre con il Signore”.
“Oggi nella città di Davide è nato per voi un Salvatore che è Cristo Signore”, dice l’angelo ai pastori nella notte santa in cui è nato Gesù (Lc. 2,11). E tutta la vita di Gesù è un muoversi, un cercare e un raggiungere chi ha bisogno di salvezza. Fino a pochi minuti prima di morire – ci dice san Luca – Gesù non ha avuto altri interessi se non quello di accogliere chi lo prega con cuore sincero per offrigli – oggi - la Sua salvezza.
La settimana santa che oggi inizia ci aiuta a mettere a fuoco il nostro pregare. Ci renda capaci, come il buon ladrone, di rivolgerci a Gesù non per chiedere un piccolo miracolo per me, ma per supplicare il Salvatore ci conceda quel “ricordo” che è in grado di cambiare il nostro cuore, il nostro modo di pensare e che ha la forza di immetterci – oggi! – sui sentieri dell’amore e del perdono. Ripeto: “oggi”, non domani o chissà quando.
Buona settimana santa.
Preghiera dei piccoli
Caro Gesù,
oggi, a messa, sono riuscito a seguire tutto il racconto della Tua passione: dall’ultima cena con i tuoi apostoli fino alla morte in croce passando per l’arresto e per gli interrogatori di Pilato e di Erode.
Sai cosa mi ha commosso di questo racconto?
L’attenzione che hai dato al buon ladrone.
Sei innocente. Ti hanno condannato a morte sapendo che non hai fatto nulla e Tu, invece di insultare chi ti sta facendo del male, ascolti chi, in croce con te, ti chiede di ricordarti di lui quando entrerai nel tuo Regno.
La Tua risposta: “Oggi sarai con me in paradiso” è la conferma che il Tuo nome è davvero “Salvatore”.
Tu non pensi a salvare te stesso. Ma fino all’ultimo Tu ti accorgi di chi, vicino a te, ti chiede aiuto e lo porti con Te nel Tuo Regno.
Ricordati anche di me, Gesù.