Due Chiese a confronto

23-08-2021 - Notizie

Due Chiese a confronto

di Alberto Melloni in “la Repubblica” del 26 luglio 2021

L'imminente processo vaticano ai finanzieri accusati di aver depredato la Santa Sede, ai loro complici e ai superiori ha una valenza storica peculiare. Essa non sta nella dimensione (28mila pagine) di documenti e opinioni che il dibattimento dovrà ricondurre a violazioni di norme vigenti al momento dei fatti. La sua valenza non sta nemmeno nella corruzione, che nella storia della curia non è una novità (anzi: se le si confronta col caso Ior/Ambrosiano, stavolta non pare che ci siano mafiosi, che nessuno spari ad Ambrosoli, e che nessun ecclesiastico chieda ostracismi, come fu contro Nino Andreatta, colpevole di aver salvato il papato).

Il nodo di questo processo è che inattesamente si ritrovano uno di fronte all'altro i due corpi del pontefice: da un lato il pastore della chiesa universale, con i suoi poteri spirituali; dall'altro il sovrano assoluto di uno Stato piccolissimo che ha silenziosamente restaurato alcune funzioni temporali. Il Risorgimento aveva liberato il cattolicesimo da questo intreccio complesso: perché era stato proprio il sovrano pontefice che aveva inventato lo Stato moderno con un assoluto, un sistema fiscale, i ministeri e il debito pubblico; e questo identificava il ministero di Pietro del secondo millennio con una filosofia politica monarchica. La fine definitiva del potere temporale aveva tagliato il nodo e aperto la porta ad una ricomprensione dell'autorità, liberando il Papa dal dovere di manutenere galere, ghigliottine, esattori. Così dopo aver rimpianto il "divin principato", la Chiesa era arrivata a desiderare "quel poco di corpo che basta a contenere un'anima". Il papato italiano, la Costituzione italiana e la laicità italiana avevano custodito gelosamente questo esito: grazie al quale il Papa sta sulla scena internazionale come sovrano, ma senza che vi siano conseguenze interne.

La giurisdizione temporale vaticana - cercata per allinearsi agli standard finanziari degli Stati, sfiorata col processo al maggiordomo di Ratzinger - è diventata piena nel papato di Francesco: che ha associato ad un annuncio in cui traspare tutto e solo il Vangelo, un modo di affrontare i problemi che confida nella sanzione dei sudditi più che nel governo. Il peso di questa divaricazione lo ha sentito prima di tutto Francesco. Lo dice il fatto che come pastore sia andato a celebrare con il cardinale Becciu, e come sovrano lo abbia in catene a farsi processare. E questo senza che il collegio cardinalizio abbia saputo nulla, se non una legge che comunica a tutti che anche i porporati - pars corporis papae - che saranno più giudicati non dal Papa, ma da Giuseppe Pignatone, qualora servizi interni o esterni forniscano informazioni bastevoli a processarli. Questa contraddizione riemersa dalla storia riverbera poco su alcuni imputati, ma certamente sul cardinale Becciu. Egli, come imputato, avrebbe il diritto/dovere di chiamare a testimoniare tutti coloro le cui parole o contraddizioni potessero scagionarlo dalle accuse che l'hanno sottoposto a crocifissione cautelare: ma nessuno meglio di un ex Sostituto sa che questo vorrebbe dire mandare in onda una House of card(inals) con conseguenze incalcolabili per l'istituzione. D'altro canto come sacerdote e cardinale, egli avrebbe il diritto di alzarsi alla prima seduta, giurare sul Vangelo l'innocenza che dichiara, e rinunciare ad ogni difesa proprio per il bene del papato, ricordando a tutti che Dio giudicherà lui, chi lo accusa e chi lo giudica. Sia in un caso che nell'altro si dovrà poi aspettare una sentenza (statuale) che se fosse di condanna sarà comunque seguita dalla grazia del sovrano pontefice per scongiurare di avere in cella un cardinale come nel Cinquecento del Morone e per evitare il rischio di avere dei cittadini italiani in galera a Porta Sant'Anna.

Quel che è certo è che non sarà una giustizia temporale vaticana a rimediare i problemi del governo della Chiesa colti da un apoftegma del compianto cardinal Silvestrini: "Mai lasciar soldi ai preti: perché quelli buoni si fidano dei delinquenti perché sono buoni; e quelli delinquenti si fidano dei delinquenti perché sono come loro". Distinguere fra loro non è mai facile. E non è che i laici siano diversi.