Il fratello di Assisi al fratello di Roma

07-10-2023 - Notizie

l fratello di Assisi al fratello di Roma

di José Arregui

 

in “Religión Digital” del 5 ottobre 2023

Non ho mai voluto essere importante, ma piuttosto il fratello minore dei più piccoli e di tutti i dimenticati. Ma, a causa di circostanze della storia, il giorno in cui sono passato da questa vita mortale alla Vita piena si è trasformato in un giorno ricordato da molte sorelle e fratelli di sogni evangelici.

Il passaggio – che ho voluto compiere “nudo sulla nuda terra” – è avvenuto oggi, 3 ottobre 1226, quasi 800 anni fa, in quella piccola cella di rami e terra della Porziuncola di Assisi, luogo dei miei amori e dei miei sogni. Nella sera di questo giorno scrivo a voi, sorelle e fratelli tutta la Terra. Il giorno dopo mi seppellirono nella chiesa, la mia terra si è fusa con tutta la terra sorella e madre. Che riposo! Che libertà! Che pienezza! Uno con la terra, l’acqua e l’aria, con le allodole, gli uccelli e tutti gli animali, uno con tutti gli esseri umani, soprattutto con gli ultimi e tutti gli sconosciuti. Uno con Dio.

Fin da bambino sono stato un sognatore. Ho sognato un altro mondo in questo mondo, nel quale non ci fossero signori e servi, ricchi e poveri, palazzi e bassifondi, eserciti e guerre e tanta miseria. Ancor prima di conoscere veramente Gesù e prima di credere nelle cosiddette verità del Credo, ho sognato vagamente un’altra Chiesa senza papi con eserciti e in guerra, senza chierici potenti, senza ambizioni né ricchezze né monopolio della verità.

Poi, quando ho imparato a guardare Gesù in quel misterioso crocifisso pieno di pace e di luce nel buio dell’eremo di San Damiano – quei tramonti di Assisi! – allora tutto è andato a posto nel profondo di me. Volevo essere come quel Gesù. A volte sentivo una ribellione irresistibile ed una pace invincibile. Ed ho voluto essere ribelle e pacifico. Ho voluto essere fratello di tutti, anche dei grandi signori, e trasformare alla radice quel mondo lacerato. Ed ho cominciato a sentire un intenso impulso a riformare quella Chiesa di signori delle coscienze e della verità, alleati con signori della terra e del commercio. Ma ho deciso di non dedicarmi direttamente all’annuncio e alla promozione dell’irrinunciabile riforma della Chiesa, ma di vivere la riforma che sognavo. Per questo non ho voluto essere un chierico o un monaco, ma piuttosto un pellegrino e compagno di vita dei più poveri, come Gesù. E tutto mi diceva che la trasformazione del mondo e della Chiesa erano inseparabili.

Sono passati i secoli e vedo con stupore che il mondo è più dilaniato che mai e minacciato da pericoli imminenti mai immaginati. E vedo con tristezza che l’istituzione che si presenta come Chiesa cattolica di Gesù, in tempi di tale gravità, continua ad essere aggrappata al passato nelle sue convinzioni e istituzioni, dedica quasi tutte le sue energie ad affari interni e limita i suoi progetti di riforma a questioni di facciata e di pulizia. Per questo mi permetto di rivolgermi al mio fratello Francesco di Roma con rispetto e libertà, come l’ultimo dei suoi fratelli:

Ti auguro Pace e Bene, fratello Francesco di Roma e delle pampe argentine. Otto secoli fa, nella mia Umbria medievale mi rivolgevo al “mio signor papa”, ma i tempi sono cambiati. La Vita ci porta di trasformazione in trasformazione. La Vita è novità permanente nella sua Sorgente indicibile e in tutte le sue forme visibili. Il Soffio vitale originario, che è anche lo Spirito universale di Pentecoste, ci chiama a trasformare radicalmente l’istituzione della Chiesa per contribuire con l’ispirazione di Gesù all’urgente trasformazione del mondo.

Riconosco, fratello Francesco di Roma, i tuoi sforzi, il tuo coraggio e la tua generosità in mezzo a tante resistenze politiche ed episcopali. Risuona la tua voce in tutti i paesi a favore della giustizia e della pace, a favore della vita di tutti gli impoveriti, dei popoli oppressi, delle comunità dei viventi senza respiro. E mi inchino davanti a te. Ma permettimi che da Assisi a Roma, da cuore a cuore, da fratello a fratello, di dirti con umiltà e libertà: non percepisco la stessa chiarezza e determinazione nel tuo programma di riforma della Chiesa cattolica-romana che presiedi. I tre sinodi generali celebrati, con tutto il loro sfarzo ed il loro eccessivo spreco, non hanno portato alcuna novità

 

fondamentale, nessun progresso decisivo e nulla fa presagire che il quarto, il “sinodo della sinodalità”, la cui ultima fase si inaugura il giorno del mio passaggio alla piena libertà, romperà con la radice principale dei mali della Chiesa: il clericalismo. Il clericalismo che relega la donna, che reprime il corpo e la sessualità in generale e l’omosessualità e le differenze di genere in particolare. Il clericalismo che si trasforma in dominio, in abusi ed aggressioni. Il clericalismo che divide e separa, il clericalismo che si oppone alle parole di Gesù: “Non ci siano tra voi padri, né maestri, né signori, perché siete tutti fratelli e sorelle”.

La Chiesa non potrà essere una presenza ispiratrice, risanatrice, liberatrice in questo mondo in grave pericolo, finché non sradicherà al suo interno la radice clericale, legata all’ambizione di potere. E, per sradicare questa radice dannosa, non basterà dare la voce ed il voto nel sinodo a due o tre donne, né ordinare preti uomini sposati di provata virtù, né ordinare diaconesse di secondo ordine. È necessario abrogare l’idea stessa dell’«ordine sacro» con alla sua base il papato, l’ideologia patriarcale e la logica del potere sacro sulle quali poggia. E l’immagine di Dio che la sostiene.

Fratello Francesco, ritorniamo al cammino e allo spirito di Gesù. Torniamo alla Fonte di ogni fraterno-sororità. Che la Vita ti benedica e ti dia la pace.

Aizarna, 3.10.2023

Articolo pubblicato il 5.10.2023 nel Blog dell’Autore in Religión Digital (www.religiondigital.com)

Traduzione a cura di Lorenzo TOMMASELLI