Sostegno personale e non istituzionale a papa Francesco

18-01-2024 - Notizie

José Arregì

 

Ho accettato di esprimere il mio sostegno a papa Francesco, ma non senza riluttanza. “Sarà un sostegno personale, non istituzionale”, ho avvertito. Mi spiego meglio: la mia riluttanza non ha nulla a che fare con la sua persona in quanto tale, ma con la figura istituzionale – il papato assoluto – che continua a rappresentare, con il modello clericale e maschile della Chiesa medievale che continua a mantenere, e con il magistero teologico premoderno che continua ad esercitare.

Riconosco che gli è toccato gestire un’epoca molto complessa e difficile. All’inconcreto e incompiuto sogno primaverile del Vaticano II si sono succeduti, senza soluzione di continuità, le esitazioni e le contraddizioni di Paolo VI, a partire dallo stesso Concilio fino alla sua morte nel 1978, e poi – dopo solo un mese di pontificato di Giovanni Paolo I, di cui non sappiamo davvero se sia morto o sia stato ucciso – è seguito il lungo pontificato restaurazionista di Giovanni Paolo II (1978-2005) , prolungato da Benedetto XVI, il quale, per liberarsi dalle fogne e dalle lobby del Vaticano, non ha trovato modo migliore che fuggire dimettendosi (2013) e lasciando in eredità al successore un panorama cupo e intricato. Il conclave cardinalizio, cercando equilibri impossibili, ha eletto un gesuita arrivato dalla pampa argentina. Si è fatto chiamare Francesco ed è uscito sul balcone chiedendoci la benedizione. Era già troppo tardi per una riforma profonda e duratura. Ma, per provarci veramente, appena ricevuta la benedizione, senza nemmeno prendersi il tempo di sedersi sulla cattedra di Pietro, pescatore di Galilea senza diplomazie né doppiezze, avrebbe dovuto proclamare urbi et orbi: “Il vecchio è finito. Che il nuovo abbia inizio una volta per tutte”. Sono passati 11 anni.

Nel frattempo, il mondo vive, noi viviamo un periodo di metamorfosi della civiltà planetaria come la nostra specie non ha mai conosciuto da quando è nata 300.000 anni fa. Tutto ciò che fino a ieri credevamo sicuro è profondamente scosso in tutti i campi. Le religioni tradizionali, incluso il cristianesimo, con le loro credenze, rituali e codici, stanno crollando. Si diffondono l’incertezza e la paura, e il loro sintomo: i fondamentalismi di ogni genere. Tutto ciò ha messo a dura prova la saggezza gesuitica e la pace francescana di papa Francesco. E con il passare degli anni emerge e si diffonde la sensazione che il radicalmente nuovo, così necessario in questa Chiesa incagliata nelle sabbie del passato, non sia ancora veramente iniziato né vi siano segnali.

Riconosco, sì, un tono nuovo, un linguaggio fresco, pieno di incoraggiamento, soprattutto nei documenti pontifici come l’Enciclica Laudato si e l’Esortazione apostolica Evangelii Gaudium. In questi documenti e in innumerevoli interventi, Francesco sta diffondendo un messaggio sociale, economico e politico chiaro, coraggioso, sovversivo a favore di tutti gli sfrattati della Terra, diventando forse la voce più libera e liberante e la più fastidiosa per i poteri finanziari impegnati ad uccidere la vita degli esseri umani e della comunità vivente della Terra. È senza dubbio la sostanza della Buona Notizia che il profeta Gesù ha annunciato e praticato, al di là del tempio, del credo e del codice di diritto canonico. E cosa posso chiedere di più a papa Francesco con i suoi 86 anni e in cattive condizioni di salute?

No, non posso chiedere di più a quest’uomo pieno di buona volontà e di carisma in abbondanza. A quest’uomo umano, con il suo temperamento e la sua tenerezza, con i suoi errori e le sue contraddizioni, con la sua fede profonda e il suo antico catechismo, con la sua utopia evangelica e la sua teologia conservatrice, a quest’uomo in carne e ossa esprimo di cuore la mia ammirazione, la mia stima, il mio sostegno personale.

Ma quest’uomo in carne e ossa come me è il papa della Chiesa cattolica, investito di pieno potere “divino” ed è lui che insegna la verità, detta le leggi e governa con poteri assoluti, sceglie i vescovi e nomina i cardinali, cardinali che eleggeranno il suo successore e vescovi che ordineranno preti solo uomini, e si propone di istituire un diaconato femminile, privo di grado sacramentale e, quindi, subordinato al clero.

Quest’uomo rappresenta e presiede, con potere assoluto ed esclusivo, una Chiesa che si richiama a Gesù ma è in flagrante contraddizione con ciò che questo papa insegna al mondo intero. Una Chiesa che pretende di avere il monopolio della verità e del bene, che continua ad aggrapparsi a una visione del mondo e ad un’antropologia di millenni passati, che continua a insegnare dottrine irrazionali con un linguaggio incomprensibile, che in nome di Dio e di Gesù continua a subordinare la donna e ad umiliare le persone LGBTI+, condannando come “oggettivamente peccaminose” le espressioni del loro sacro amore… L’ultimo esempio è l’approvazione della benedizione delle coppie omosessuali, non come la benedizione delle coppie eterosessuali, ma piuttosto una benedizione senza celebrazione liturgica, quasi segretamente e rapidamente; bastano 10 secondi, ha affermato il cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede; papa Francesco ha appena chiarito, qualora ce ne fosse stato bisogno: “le benedizioni per le coppie omosessuali sono rivolte ‘alle persone’ e non cambia la dottrina”. Ebbene, fratello Francesco, finché non cambierà la dottrina per salvare l’istituzione, la gente continuerà a soffrire e l’istituzione stessa andrà in rovina.

Questa Chiesa istituzionale non respira più. Né ispira soffio vitale. E se non ispira, non serve a niente. E se non serve a niente, anche se può sembrare duro, bisogna dirlo: nulla di essenziale andrà perduto se continua a crollare. E potrà ispirare solo se impara a parlare della vita e di tutto ciò che è reale – della creazione dell’universo, dell’amore, del genere, della sessualità, della libertà, del “peccato” e del “perdono”, della vita dopo la morte”, di Gesù, di “Dio” in fin dei conti – in una maniera comprensibile, ispiratrice, consolatrice, trasformatrice per gli uomini e le donne di oggi. E potrà respirare e ispirare solo se si reinventerà completamente secondo lo spirito che ha mosso Gesù e tutti i profeti e le profetesse di tutti i tempi, dentro o fuori qualsiasi religione. Potrà consolare e trasformare solo se reinventerà fino in fondo tutto il suo linguaggio teologico e tutto il suo edificio ministeriale di cui il papato stesso continua ad essere fondamento e culmine.

Solo un ribaltamento del modello di Chiesa clericale e di paradigma teologico integrale potrà, se non è già troppo tardi, restituire spirito e vita a questa Chiesa, anche se destinata a ridursi a una piccola comunità dispersa, ma itinerante e libera. Questo mi sembra un compito istituzionale irrinunciabile e urgente per un papa del nostro tempo. E non basterà riformare l’intero apparato vaticano, né sradicare la sua endemica corruzione economica, né combattere la pedofilia onnipresente. Almeno si facesse tutto questo! Ma non sarà sufficiente. Questo non è il momento di accomodamenti e di compromessi.

Sento e leggo incessantemente che Francesco fa quello che può, non solo perché le sue forze sono limitate, ma soprattutto per evitare uno scisma della Chiesa cattolica. Non so se sono in grado di capirlo. Mi nascono solo domande: cosa ha ottenuto Paolo VI con le sue riserve ed equilibri, se non essere un ostacolo decisivo alla realizzazione dei migliori sogni conciliari e un impulso determinante per consacrare quasi irreversibilmente la rottura tra la Chiesa e la cultura moderna? Cosa ha ottenuto Francesco in questi 11 anni? E, per fare un esempio, tra l’umiliazione di coppie omosessuali (cristiane o no, non importa) e lo “scandalizzare” cardinali e chierici omofobi, cosa resta? Tra Gesù e il Diritto Canonico, nell’ora della verità, chi sceglie? E in ogni caso, per il ritmo con cui stiamo andando e per la direzione ambigua nella quale “avanziamo”, di prudenza in prudenza e di sinodo in sinodo, non è forse la Chiesa cattolica – e le Chiese cristiane in generale – in cammino verso la sua totale implosione, o verso la sua riduzione a ghetto culturale e sociale premoderno, prima in Europa e poi nel resto del mondo? Tanto sforzo per evitare uno scisma istituzionale – o sarà una scusa? – non sta forse promuovendo uno scisma generale della stragrande maggioranza sociale che, indifferente o delusa, diserta silenziosamente un’istituzione che non offre più loro né ispirazione né respiro?

Aizarna, 15 gennaio 2024

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Articolo pubblicato il 18.1.2024 nel Blog dell’Autore in Religión Digital (www.religiondigital.com)

Traduzione a cura di Lorenzo TOMMASELLI