II DOMENICA DI PASQUA ANNO C

25-04-2022 - Preghiere poesie

II DOMENICA DI PASQUA ANNO C con preghiera dei piccoli Dal vangelo secondo Giovanni (Gv 20,19-31)

La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati». Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo». Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!». Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.

Guido Tallone:

È nel Capitolo35 dei Promessi Sposi che Renzo ritrova – in un lazzaretto e dopo tante peripezie – Cristoforo. Il giovane sta cercando Lucia; l’anziano padre svolge il suo servizio tra gli ultimi, tra i colpiti dalla peste. Ed è inevitabile che non appena ritrovati i due parlino di Lucia. Renzo spera ancora di incontrare la sua amata in quel contesto di desolazione e morte, ma se non la trova – così confida all’amico francescano – si metterà a cercare il signorotto che li ha separati e “se la peste non ha già fatto giustizia… la farò io giustizia.”.

La reazione del religioso è immediata: “Sciagurato” gli grida prendendolo per un braccio. Dovrei ascoltare “le tue voci di rabbia e i tuoi proponimenti di vendetta” mentre chi sta morendo vuole ascoltare parole sul perdono di Dio? E mentre il giovane farfuglia qualcosa per difendere le sue tesi, Fra Cristoforo sferra l’attacco finale: “Zitto – interruppe il frate – credi tu che se ci fosse una buona ragione (per uccidere), io non l’avrei trovata in trent’anni”, lui che in passato aveva ucciso. Il seguito è commovente. Non esistono ragioni per giustificare la vendetta, spiega il padre al focoso e iroso Renzo. E visto che Dio può bloccare la mano di un prepotente, non si dimentichi che Dio può anche fermar la mano d’un vendicativo.

Ecco il dramma del cuore umano: definire “giustizia” la sete di vendetta. La quale illude, chi la compie, che restituire il male ricevuto faccia stare bene. In realtà l’atto vendicativo rende uguali al carnefice, non spegne l’odio presente nel cuore di chi la attua e accende infiniti sensi di colpa. Solo il perdono impedisce alla vendetta di devastare il cuore di chi ha subito il male. E si tratta di una riflessione relativamente facile da capire quando si parla di altri, di terze persone.

Chi non capisce come solo il perdono da ambedue le parti sarà in grado di fermare – prima o poi – quel mare di odio, di violenza, di distruzione e di voglia di vendetta che oramai si è insediata tra Nazioni sorelle come la Russia e l’Ucraina.

Quando chi deve perdonare è l’altro siamo tutti d’accordo. Quando però tocca a me, al sottoscritto, agire il perdono e superare il torto subito con forme di bene, le cose cambiano.

 

Ci si chiude nelle proprie presunte ragioni; come leoni in gabbia si cerca in tutti i modi di fare in modo che l’altro paghi le sue colpe, le espii e capisca in modo chiaro e definitivo l’odio covato contro di lui. Rabbia e vendetta spingono l’astio e il rancore sul sentiero dell’dio, dell’orgoglio e della violenza cieca: che rende incapaci di sentire ragioni, di cercare altre strade e di anche solo pensare che si possa perdonare.

Ma ecco la bellezza del dono di Dio: lo Spirito di Gesù risorto ferma la mano del vendicativo e dona – a chi è prigioniero delle sue logiche vendicative – la capacità di slegare il nostro cuore dalle catene generate dall’odio grazie al dono del perdono. Lo Spirito di Gesù risorto ci rende capaci di oltrepassare il torto ricevuto con forme di bene per scoprire che solo così si resta sulla strada dell’amore: la sola che ci fa sperimentare l’essere amati da Dio e di entrare nella gioia profonda di chi ha – finalmente – imparato ad amare.

Lo sappiamo: la qualità della nostra vita è avvelenata dai piccoli o grandi conflitti che ci ingarbugliano il cuore. Spingere gli altri a perdonare è più facile. Iniziare a pregare per chi ci ha fatto del male; non sparlare degli avversari che la vita ci ha messo davanti; non permettere all’antipatia o alla diversità di vedute di trasformarsi in quell’odio che alimenta la vendetta, è la vera, grande sfida della Pasqua. Per noi, oggi come per i discepoli, ieri: barricati nel cenacolo alle prese con le loro paure e le loro divisioni.

Quando intuisce difficoltà, chiusure o resistenze a far avanzare la logica dell’amore e del perdono, Gesù non chiede permesso. Irrompe nelle nostre comunità certamente per fermare la mano del vendicativo, ma anche per guidare il cuore affinché le nostre mani vengano usate, per accogliere chi sta male, per sostenere chi è solo, per visitare chi piange, chi è malato, chi è immigrato, profugo o carcerato.

Non possiamo dimenticarlo: il segno della Pasqua è il perdono. Ed il perdono è la premessa della Pace tra le nazioni e della pace nelle nostre case, famiglie e comunità. Senza mai dimenticare che il perdono è anche la fonte della gioia.

Buon tempo Pasquale.

Caro Gesù,                                        Preghiera dei piccoli

Tommaso (che non crede ai suoi amici, che vuole “vedere” prima di “credere” e che non si fida dei suoi compagni) a me è simpatico.

Forse perché anch’io sono un po’ come lui. Prima di “credere” io voglio sempre “vedere”.

Tu però oggi mi cambi modo di pensare. E mi ricordi che per aiutare l’altro a crescere bisogna credere in lui.

Tutte le volte che un educatore non crede in me e vuole mettermi alla prova, io reagisco male. Faccio l’opposto di quello che mi chiede.

Grazie Gesù perché Tu ti fidi di me prima di qualunque risultato.

Grazie Gesù perché questo Tuo credere in me mi dà davvero tanta forza (e mi insegna a fidarmi della vita e dei miei amici!).

Gesù, voglio dirTi anch’io, come ha fato Tommaso: “Mio Signore e mio Dio”.

 

P.S. : Aiutaci, Gesù, a credere nella nonviolenza e nella Pace.