II DOMENICA DI AVVENTO ANNO B con preghiera dei ragazzi
Dal vangelo secondo Marco 1, 1- 8
Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio. Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico. E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».
La domanda ce la siamo posta tutti: perché il femminicidio di Giulia Cecchettin ha scosso e smosso più degli altri femminicidi (più di cento nel solo 2023)? Le ragioni sono molte e sono nascoste nella profondità del cuore umano e nella pancia della nostra società. Ma credo di non sbagliare se dico che in questa dolorosa e drammatica vicenda papà e sorella di Giulia hanno fatto la differenza. Hanno lasciato che il male squarciasse la loro vita e la loro carne, ma non hanno permesso al dolore di aprire le porte dell’odio, del rancore e della vendetta. Si sono ritrovati piegati dalla tragedia, ma non si sono spenti, adagiati e ammutoliti. Non si sono chiusi nel mutismo che la morte violenta vorrebbe imporre a chi piange e non hanno gridato in modo scomposto. Hanno parlato sottovoce, ma con parole ferme e chiare; hanno chiesto di non esorcizzare la violenza di genere con il silenzio di rito, ma hanno invitato a fare rumore; hanno chiesto presenza, coinvolgimento e vicinanza perché il ritrovarsi soli in presenza del dolore e del male spegne la voglia di vivere. E hanno ricordato – a tutti, nessuno escluso – che l’amore vero non offende, non umilia, non picchia e non uccide. Mai.
Il discorso del papà di Giulia al funerale della sua amata figlia (che, come è stato detto in molte occasioni, andrebbe letto in classe, a scuola e nei contesti formativi) ha – infine – consegnato all’intero Paese una direzione da percorrere per dare all’educare la forza di costruire uomini e donne capaci di reggere tanto le fatiche quanto le sconfitte della vita senza mai cedere alla scorciatoia della violenza.
In pratica – e non credo di essere il solo a convivere con questi pensieri – la famiglia di Giulia ha tracciato il sentiero e la direzione delle reazioni quando la morte bussa alle nostre case e soprattutto quando è la violenza a spegnere la vita delle persone care.
Papà, sorella e fratello di Giulia si sono fatti carichi non solo del loro dolore, ma anche del disorientamento del nostro Paese che constata oggettivi fallimenti educativi per indicarci una strada nuova da percorrere: più umana e meno all’insegna della fragilità saldata con la violenza.
Ma è proprio questa la funzione del profeta: dirci come muoverci e dove andare quando il dolore, la fatica o l’errore annebbia la nostra vista; quando tutti percorrono scorciatoie che allontanano dalla mèta e quando si è tentati dal seguire la folla, la moda o le emozioni del momento. Giovanni Battista è il profeta che spiega a chi cerca un senso al proprio vivere che solo Gesù ci dice chi siamo e ci indica dove andare e come procedere.
Ma per sentire la voce di Giovanni Battista è necessario uscire dal rumore della folla e decidere – una volta per tutte – di entrare in quello spazio di silenzio, di serietà, di raccoglimento e di spiritualità autentica che si chiama deserto. Chi cerca la verità su sé stesso incontra la risposta ai suoi dubbi e alle sue speranze – Gesù di Nazaret – solo se ha il coraggio di uscire dalle sue paure per attraversare il deserto-silenzio che immette nella gioia generata dal vivere con Lui e per Lui (che significa, poi, vivere con i fratelli e per i fratelli!).
Preghiamo spesso, come chiesa, perché il buon Do susciti vocazioni sacerdotali e religiose per le nostre comunità. Preghiamo meno (quasi mai) perché il buon Dio ci apra gli occhi e ci faccia incontrare i profeti che, ancora oggi, sono in grado di consegnarci le parole giuste per vivere allontanandoci dalla superficialità che tutto brucia e distrugge.
Il profeta non si si sostituisce a Gesù. Non gli copre la voce e la Parola. Con le sue parole, però, il profeta avvicina la nostra vita alla presenza che libera e che salva. Per usare le parole di Giovanni Battista: ci ricorda che dopo di lui viene uno più forte di lui che ci cerca per immergere le nostre vite nell’amore di Dio che ci ama per primo. Ed è di questi profeti che abbiamo bisogno. Soprattutto oggi che anneghiamo tra parole inutili, false o al solo servizio della pubblicità o della ricerca del consenso.
Abbiamo bisogno di profeti che ci insegnino ad ascoltare la sola Parola che ci insegna a tacere e a parlare; a fare silenzio e a fare rumore; a piangere e a rialzarsi; a difendere la propria famiglia, ma ad aprirsi anche alla comunità tutta e alla fraternità universale.
Abbiamo bisogno di profeti che ci ricordino che la fragilità è forza se non entra nella spirale della violenza e che camminare sotto la pioggia è il solo modo per andare avanti e per scoprire che, inevitabilmente e grazie a Dio, le lacrime non hanno il potere – mai – di indurire il cuore e di spegnere la bellezza del sorriso.
Il sacrifico di Giulia non è stato inutile. Ci ha fatto scorgere profeti in mezzo a noi capaci di riportarci alla forza del Vangelo, alla bellezza di Giovanni Battista e dei suoi successori che Dio ci dona perché ognuno di noi incontri il senso della vita.
Preghiera dei piccoli
Caro Gesù, a scuola abbiamo studiato che la parola “vangelo” significa “buona notizia” ed era usata dai romani per dare a tutti l’annuncio di una vittoria in guerra. Chissà quali “buone notizie” possono nascere da guerre, morti e distruzioni varie. Ed è per questo motivo che gli evangelisti prendono la parola usata dall’Imperatore e la saldano a Te, Gesù: per dire a tutto il mondo che nessun imperatore ci salva e che solo Tu, Gesù, sei la buona notizia che tutti cerchiamo.
Gesù lo sai: sono in tanti i grandi che non guardano più il telegiornale perché stanchi delle brutte notizie.
Gesù, aiutami a capire che solo Tu ci porti la buona notizia che ci salva. E rendimi un tuo postino: pronto a portare la Tua gioia a chi sta male.
Gesù è la prima volta che mi preparo al Natale con l’aiuto del Vangelo e della mia comunità.