II DOMENICA DI PASQUA ANNO A

16-04-2023 - Preghiere poesie

II DOMENICA DI PASQUA  ANNO A  con preghiera dei piccoli

Giovanni  20,19 - 31

 «La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: “Pace a voi!”. 20Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore. 21Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. 22Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. 23A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”.

 

Per ben due volte Gesù risorto entra nella stanza in cui sono barricati i Suoi discepoli “per timore dei Giudei”. E se chi scrive annota questo prezioso particolare è perché in questa doppia visita del Signore Gesù ai Suoi, c’è qualcosa di molto importante. Dal punto di vista teologico, ma anche sul versante del metodo per quanto riguarda la vita comunitaria. Anche perché dopo la morte di Gesù in croce la comunità si è trovata senza Maestro e – dinamica comprensibile – ha vissuto disorientamento, paura, insicurezza e non poche divisioni interiori. Restiamo al nostro racconto. La prima volta Gesù risorto incontra, a porte chiuse, dieci discepoli. Giuda Iscariota si è perso per strada (e sono perciò rimasti in “undici”), ma Tommaso non è con loro. Sono solo undici, ma hanno idee diverse sul come essere e restare fedeli al Maestro che è appena morto in croce. Per i “dieci” che sono chiusi in casa prevale un atteggiamento di prudenza e di nascondimento per non esporsi al rischio di arresti o di ulteriori violenze varie da parte dei giudei. Tommaso, al contrario, è convinto che sia necessario “uscire” allo scoperto: andare di villaggio in villaggio e continuare a testimoniare quanto appreso da Gesù di Nazaret. Solo così, secondo questo discepolo, si resta fedeli a chi ha dato la vita per noi.

Sono approcci, idee, letture e strategie diverse che possono arricchire la comunità, ma che la possono anche dividere e lacerare.

Sono meccanismi che conosciamo molto bene. Le idee diverse sono una inevitabile ricchezza per tutti. Quando però la diversità viene considerata l’unica verità e ci si fissa sulla quota della “mia” ragione, l’altro – inevitabilmente – non viene considerato un fratello che arricchisce il confronto, ma il portatore di un’idea sbagliata che va fermato perché presenza ostile, un nemico. Nelle guerre questi meccanismi sono evidentissimi. L’aggressione della martoriata Ucraina (come dice Papa Francesco) da parte delle forze militari russe conferma questi schemi. L’altro ormai è solo un nemico da abbattere, da annientare, da eliminare e da odiare. Ma è così anche nei tanti (troppi) litigi, divisioni e scontri che avvelenano le nostre famiglie e le nostre comunità

Quante volte la “mia” ragione mi impedisce di sentire l’altro come fratello. Quante volte orgoglio e indisponibilità a perdonare allontanano sposi, fratelli, parenti e amici e li rendono lontani e estranei gli uni agli altri.

Nel nostro racconto, particolare prezioso, Gesù risorto non si schiera né con gli uni né con l’altro. E soprattutto non giudica la prudenza (paura?) dei dieci o l’audacia (incoscienza?) di Tommaso. Chiede però a tutti – e a ciascuno – di non usare i propri occhi per darsi ragione, ma per rimparare a vedere nel fianco ferito del Signore Gesù le ferite del fratello che ci è accanto il che ci chiede di essere accolto.

Pace e comunione – questo il messaggio dell’evangelista – non sono conquista di un gruppo sull’altro o il frutto di strategie calibrate e inseguite con furbizia, ma sono il dono per eccellenza che il Risorto consegna a tutti noi per aiutarci a vivere, da una parte, la diversità come ricchezza e – dall’altra parte – per impedire che il confronto degeneri in scontro o peggio ancora, in guerra. E si noti come opera Gesù risorto: si piazza “in mezzo” ai discepoli per impedire che il centro del confronto venga occupato da un soggetto o dall’altro (di solito è il più forte che piazza in mezzo, al centro!). Gesù risorto però va oltre questa prima indicazione. E chiede a Tommaso di tendere la mano e di metterla nel Suo fianco ferito. Invita, così facendo, le due parti che non si capiscono a passare dal piano delle idee che si scontrano alla pratica – condivisa e vissuta insieme – del servizio da dare al fratello ferito. Ed è metodo che vale anche per le nostre comunità cristiane. Possiamo discutere e confrontarci sul che cosa fare o sul come mettere in atto la pastorale migliore per servire il Signore Gesù, ma se non vogliamo dividerci dobbiamo continuare a mettere Lui e la sua Parola al centro delle nostre realtà ecclesiali e scoprire che solo il servizio al debole è l’elemento che ci tiene insieme, uniti e in piena comunione. Senza questa attenzione concreta al mondo dei vinti, continueremo a litigare e ognuno insisterà per dare ragione a sé stesso.

San Giovanni riporta solo due beatitudini. La prima è inserita nella lavanda dei piedi e ci ricorda che è beato chi segue l’esempio del Maestro e sceglie il servizio come stile di vita (Gv.13). La seconda è rivolta a Tommaso e, di conseguenza, a tutti noi e ci dice che riconoscere nel fianco ferito del fratello il “Mio Signore e mio Dio” è una rivoluzione copernicana nel nostro modo di pensare, ma è la sola strada per entrare in quella pienezza di vita che rende liberi, contenti, nella gioia o – per dirla con una parola – beati.

Buon tempo pasquale.

                                           Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

               a me Tommaso è simpatico. Dopo la tua morte in croce gli altri apostoli si sono chiusi in casa.

Lui, invece, va in giro e non ha nessuna paura di far vedere ai Tuoi nemici che è un Tuo discepolo.

Nemmeno quando gli altri discepoli gli dicono che Ti hanno visto vivo, lui scappa.

È sconvolto; non riesce a credere a quanto gli hanno detto i suoi amici, ma non esce dal gruppo. Accetta il loro invito e va da loro per capire cosa sta succedendo.

E poi, quando finalmente Tu lo incontri e gli parli, lui si rivolge a Te con quella preghiera bellissima: “Mio Signore e mio Dio”.

Gesù aiutami ad essere come Tommaso: coraggioso, ma anche disposto ad ascoltare gli altri e soprattutto insegnami a non giudicare chi non fa le cose che faccio io.

Grazie Gesù, “mio Signore e mio Dio”.