Preghiere poesie

II DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

II DOMENICA DI QUARESIMA  ANNO  A con preghiera dei piccoli

Dal vangelo secondo Matteo 17, 1 – 9

In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. Ed ecco apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo». All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: «Alzatevi e non temete». Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo. Mentre scendevano dal monte, Gesù ordinò loro: «Non parlate a nessuno di questa visione, prima che il Figlio dell’uomo non sia risorto dai morti».

Domenica scorsa è stato il diavolo che “ha portato Gesù sopra un monte altissimo”. In questa seconda domenica di quaresima è Gesù che conduce Pietro, Giacomo e Giovanni in disparte, su un alto monte”. Un doppio rimando all’alto monte voluto e cercato da chi ha curato la scelta dei passi evangelici in quaresima. Per una ragione semplice da presentare: durante le tentazioni di Gesù nel deserto è il diavolo lo conduce sull’“alto monte” per mostragli, prima, tutti i regni del mondo e la loro gloria e poi per donarli a Lui a patto che si renda disponibile ad adorarlo e a gettarsi ai suoi piedi. Gesù rifiuta e respinge quella proposta. Anche perché la Gloria che Lui cerca e che propone a chi lo segue è data dal dono di sé passando per il sacrificio della croce. Pochissimi versetti prima di questo racconto, san Matteo scrive che: “Da allora Gesù cominciò a spiegare ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei capi dei sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risorgere il terzo giorno.” (Mt. 16,21ss). Pietro inorridisce. E l’evangelista non sfuma il tono con cui Simone corregge e rimprovera Gesù: “Pietro lo prese in disparte e si mise a rimproverarlo dicendo: «Dio non voglia, Signore; questo non ti accadrà mai»” (Mt. 16, 22). Pensa, ragiona e parla come il diavolo che tenta Gesù sul monte, ci fa capire l’evangelista. Ed è per questo che Gesù prende i suoi tre discepoli “testoni” (uno anche di nome, perché “Pietro” vuole anche dire “testa dura”) e li porta sul monte: per contrastare i pensieri che provengono dal diavolo e per mostrare, s-velare e rivelare loro il senso profondo, bello e umano della vera Gloria. Quel salire sul monte alto da parte di Gesù e quel portare con sé Pietro, Giacomo e Giovanni, suo fratello, è una “coccola” che il Maestro decide di fare a tutti coloro che lo seguono perché cambino modo di vedere, di pensare e soprattutto di agire. Gesù vuole mostrare ai tre, ma a tutti coloro che si confrontano con questa pagina raccontata dall’evangelista che la gloria presentata e offerta dal diavolo (potere, vittoria, successo ed egoismo) rende la vita triste, scontenta e – di fatto – sbagliata. La vera Gloria (con la G maiuscola) è quella che Gesù sa rendere operante dopo il venerdì santo e con il mattino di Pasqua, ma che passa inevitabilmente per il dono della Sua vita in croce. Gesù – sia chiaro – non ha cercato croce e dolore per il gusto di soffrire. L’esatto contrario: ha fatto di tutto per non essere arrestato prima del tempo, ma intuito e capito che non poteva evitare quel “passaggio”, non è scappato e non si è sottratto al dono di sé fino alla morte in croce. Così facendo ci ha detto che si è liberi quando si vive per Dio e per i fratelli, non quando si insegue il proprio io e si calpestano Dio e i fratelli pur di stare bene da soli.

I tre sono ancor distanti da questa logica. Pietro si sente persino escluso dal dialogo tra Gesù e Mosè ed Elia e per uscire dal suo isolamento propone a Gesù la costruzione di tre tende, tre capanne perché loro restino per sempre su quel monte. È la tentazione di tutti noi quando si ha l’impressione che le cose vadano bene: fermare il tempo, chiudersi nel momento positivo che si sta vivendo e puntare i piedi per non più avanzare. Per certi aspetti è anche la fotografia del nostro occidente: abbiamo raggiunto livelli alti di benessere e non vorremmo disturbi nel nostro vivere ovattati. Guerre e migranti non possono essere ignorati, ma a volte disturbano perché se ci si concentra con la dovuta attenzione, questi temi ci chiedono di cambiare e di vivere in modo diverso. Forse anche per questo il nostro Ministro – nel commentare la tragedia degli immigrati che si è consumata sulle coste della Calabria – ha preferito dare la colpa del naufragio alle vittime, come ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice: perché assumersi le nostre responsabilità e cambiare modo di vedere, di pensare e di agire costa fatica. È la sola strada, però, che ci porta all’essere liberi e nella verità. Come dice la preghiera che gira in questi giorni in rete: “Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare, uccideresti il pescatore che non presta la barca, urleresti per chiedere aiuto, busseresti alle porte dei governi per rivendicare la vita”.

Il segreto della vita e della nostra fede è tutto qui: scendere dal monte perché convinti che solo Gesù ci offre la gloria, la gioia e la libertà che cerchiamo. Scendere dal monte e fissare solo Gesù (nessun altro) che si rende presente in chi sta male, in chi è sulla zattera che cerca speranza e che ci guarda domandandoci: “E se fossi tuo figlio?”.

Solo l’ascolto di questa voce e di questa domanda ci rende veri, umani e liberi. Ed è in quella umanità ferita, debole e perdente che abita Gesù. Fissare e seguire solo questo Gesù è il senso della nostra quaresima. Buon cammino.

 

                                                                      Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,

                   oggi ho capito perché hai scelto Pietro, Giacomo e Giovanni per portarli con Te “su un alto monte” e per trasfigurarti davanti a loro: perché sono i primi che non accettano i tuoi discorsi.

E un po’ li capisco: sognano da sempre un Messia forte e vittorioso su tutti e Tu continui a parlare loro di arresto, di croce, di sconfitte e di morte.

È normale che si ribellino a queste parole. Ed è anche per questo, secondo me, che “caddero a terra e furono presi da grande timore”.

Ma chi non sarebbe crollato?

Tu li hai portati sull’alto monte, come quello delle beatitudini, e ti sei fatto vedere con il “volto brillante” per spiegare loro che con Te l’amore vince sull’odio e la vita sulla morte.

Gesù porta anche me sul monte. Aiuta anche me a capire che essere buoni, perdonare, imparare a perdere e stare dalla parte di chi è più debole rende bello il volto, la vita e il vivere.

 

                                                       

UNA PREGHIERA DA CITTADINO, DA CRISTIAN, DA UMANO

UNA PREGHIERA DA CITTADINO, DA CRISTIAN, DA UMANO

Gesù di Nazareth,
vero Dio e vero uomo. Lampada al nostro cammino, maestro dei maestri, via maestra.
Tu hai detto: «Io sono la porta». Ricordaci che chi vuole chiudere le porte in nome dell’odio, anche se giura sul tuo Vangelo e stringe un rosario, è un falso profeta e, letteralmente, un anti-Cristo.
Tu hai detto di te stesso: «Ero straniero». E ci hai ricordato che saremo giudicati esattamente su questo: «Mi avete accolto» o «Non mi avete accolto».
Ricordaci che non possiamo dirci cristiani se non accogliamo lo straniero. Perché non c’è una ‘casa loro’ in cui aiutarli e una casa nostra da cui respingerli: c’è una sola famiglia umana.
Hai gridato: «Non abbiate paura» ai tuoi amici che stavano su una barca, su un mare in tempesta. Hai camminato sulle acque, li hai presi per mano.
Dacci la forza di tendere la mano a tutti coloro che, sulle barche del nostro Mediterraneo, fuggono dalle guerre, dalle povertà, dalle ingiustizie che in gran parte noi, ricchi e sicuri, abbiamo provocato, innescato, guidato.
E dai, a noi cristiani, la forza, l’intelligenza, l’amore per capire che non siamo noi ad aiutare loro: ma sono loro l’unica nostra speranza di diventare giusti, nonostante tutte le nostre disoneste ricchezze.
Tu hai detto, hai gridato: «Non abbiate paura!». Aiutaci a non cedere alla paura.
Ricordaci di non cedere a chi governa con la forza oscura della paura.
Ricordaci di essere giusti.
Ricordaci di essere umani. Amen.
                                                                                       Tomaso Montanari

 

I DOMENICA DI QUARESIMA ANNO A

                      I DOMENICA DI QUARESIMA  ANNO A con preghiera dei piccoli

Dal Vangelo secondo Matteo 4, 1 - 11 

In quel tempo, Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto, per essere tentato dal diavolo. Dopo aver digiunato quaranta giorni e quaranta notti, alla fine ebbe fame. Il tentatore gli si avvicinò e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, di’ che queste pietre diventino pane». Ma egli rispose: «Sta scritto: “Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio”». Allora il diavolo lo portò nella città santa, lo pose sul punto più alto del tempio e gli disse: «Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani perché il tuo piede non inciampi in una pietra”». Gesù gli rispose: «Sta scritto anche: “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo”». Di nuovo il diavolo lo portò sopra un monte altissimo e gli mostrò tutti i regni del mondo e la loro gloria e gli disse: «Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai». Allora Gesù gli rispose: «Vàttene, satana! Sta scritto infatti: “Il Signore, Dio tuo, adorerai: a lui solo renderai culto”». Allora il diavolo lo lasciò, ed ecco degli angeli gli si avvicinarono e lo servivano.

Come l’ambiente ha bisogno di acqua (sotto forma di pioggia e di neve) così le nostre comunità e le nostre famiglie hanno bisogno di speranza sotto forma di silenzio, di Pace, di fraternità e di gioia generata dal dare e dal servire. Il terremoto in Siria e Turchia, il protrarsi della guerra in Ucraina, le difficoltà economiche e finanziarie dentro le quali moltissime famiglie perdono la serietà, ma anche le tragedie dell’immigrazione e le sofferenze che si consumano in tante nostre case e nei nostri ospedali sono le tristi colonne sonore del nostro procedere e del nostro vivere. Per questo abbiamo bisogno della Quaresima: perché in questo tempo possiamo disintossicarci dalle parole inutili, dall’egoismo, dalle scuse per litigare (o per fare le guerre!) e dal soffrire senza mai trovare un senso alle nostre lacrime.

Le tre tentazioni superate da Gesù nel deserto subito dopo essere stato battezzato, sono la conferma che con Gesù e in Gesù ognuno di noi può superare  le prove che la vita gli sottopone e uscirne migliore. E se il giardino in cui Adamo ed Eva erano inseriti si trasforma in un deserto a causa della loro “disobbedienza”, il deserto in cui Gesù è condotto dallo Spirito diventa – grazie alla sua obbedienza alla Parola di Dio – un giardino. Ecco il senso della Quaresima: prendere coscienza che con Gesù (il Dio-con-noi) le prove che ci è chiesto di attraversare possono essere superate per trasformare una terra arida in un giardino. Ma vediamo quali sono le prove o le tentazioni che Gesù incontrò nel deserto.

La prima. “Se tu sei Figlio di Dio, di' che queste pietre diventino pane”. È, forse, la madre di tutte le tentazioni: usa chi sei, il tuo ruolo e la tua postazione per te stesso. Non stare a preoccuparti o a servire gli altri. Pensa prima a te stesso. Sfrutta ciò che è in tuo potere per te, per i tuoi, per la tua famiglia. E non farti scrupoli per gli altri, perché nessuno pensa a te. Quante volte sentiamo questo ritornello. E si noti il particolare: la tentazione non ha quasi mai il tono spudorato della cattiveria senza senso. La prova si manifesta quasi sempre come un pensiero pacato e persino elegante. In realtà in quel falso buon senso si nasconde l’egoismo, la chiusura all’altro e la cattiveria di chi condanna – con la sua indifferenza – il debole. Gesù non ha nessuno difficoltà a sfamare chi ha davvero fame, ma non ha mai usato il suo essere Figlio di Dio per sfamare sé stesso. Per questo è Dio!

La seconda. “Se tu sei Figlio di Dio, gèttati giù; sta scritto infatti: “Ai suoi angeli darà ordini a tuo riguardo ed essi ti porteranno sulle loro mani …”. Il messaggio è chiarissimo: non ha senso fidarsi di Dio solo dopo che lui ha soddisfatto la “mia” richiesta. L’amore non regge la prova e chi si avventura per questa strada, non incontra l’amore perché resta chiuso nel suo “io”: incapace di aprirsi a chi gli chiede fiducia. Domanda. Ma questo clima di perenne sospetto che tutti abbiamo verso gli altri, non è il segno di una povertà relazionale in cui ci siamo cacciati? Non sappiamo più fidarci del prossimo, di chi ci è accanto, ma così facendo diventiamo sospettosi anche nei confronti di Dio con Dio. Lo cerchiamo solo se abbiamo bisogno di qualcosa; gli sottoponiamo la nostra piccola richiesta e poi gli rimproveriamo di non averci esaudito!

La terza. “Tutte queste cose io ti darò se, gettandoti ai miei piedi, mi adorerai”. Siamo nel cuore delle tentazioni. Avere, possedere e dominare. Essere sopra gli altri, farsi servire e vendere l’anima al diavolo pur di avere il potere di comandare. “Che c’è di male?”, dicono in molti, “In fondo non faccio nulla di male. Mi piacerebbe solo essere famoso, ricco ed essere servito e riverito da tutti”. Quanti ragazzi (spinti anche dai genitori) sognano di diventare campioni, famosi e investono tutte le loro risorse ed energie pur di scalare le vette del successo (salvo poi scoprire che quella cima è in un deserto!). È vero: apparentemente non fa nulla di male chi insegue il potere. Crescendo in questo modo, però, non si fa il bene e ci si allontana, giorno dopo giorno, dall’acqua fresca della gioia generata dal dare e dal servire.

            Con la Quaresima il messaggio è forte e positivo: il Signore Risorto ed il Suo Vangelo ci danno la forza di vivere per gli altri; ci rendono capaci di fidarci del prossimo (senza sempre essere diffidenti, carichi di sospetti e logorati dal controllo) e – terzo – rendono possibile, per ognuno di noi, l’amare, il donare e il servire: i verbi che ci rendono liberi e che hanno la forza di spegnere in noi quella spinta a primeggiare e ad inseguire il potere che, se accolta, ci mangia l’anima.

            Buona Quaresima a tutti.

                                                                                   Preghiera dei piccoli

Caro Gesù,                

              a me la Quaresima piace.

Anche perché ci viene chiesto di non pensare solo a noi stessi, ma anche agli altri. Che sono nostri fratelli.

Ormai l’ho capito: dare tempo, cose e attenzioni a chi ha meno di noi, a volte è scomodo, ma fa stare bene chi è in difficoltà e ci rende più sereni. Meno egoisti.

Anche Tu nel deserto hai fatto così: al diavolo che ti chiede di trasformare – solo per Te – le pietre in pane, hai detto “No”.

Quando però ti sei accorto che quelli che ti seguivano erano stanchi e affamati, prima ti sei commosso e poi hai moltiplicato, per loro, pane e pesci.

Aiutami, Gesù, a capire che solo la Tua Parola ci dà la forza di mettere gli altri davanti all’io.

E grazie per l’esempio: a chi ti tenta Tu rispondi sempre e solo con la Parola di Dio.

 

SE FOSSE TUO FIGLIO

SE FOSSE TUO FIGLIO

Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.

Vorresti che tutte insieme
a milioni
facessero da ponte
per farlo passare.

Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata.

Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
uccideresti il pescatore che non presta la barca,
urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicare la vita.

Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
odieresti il mondo, odieresti i porti
pieni di navi attraccate.
Odieresti chi le tiene ferme e lontane
Da chi, nel frattempo
sostituisce le urla
Con acqua di mare.

Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti
vorresti spaccargli la faccia,
annegarli tutti nello stesso mare.

Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo
E sopratutto sicuro.
Non è tuo figlio.

È solo un figlio dell’umanitá perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore.

Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo.
Se fosse tuo figlio
riempiresti il mare di navi
di qualsiasi bandiera.

Vorresti che tutte insieme
a milioni
facessero da ponte
per farlo passare.

Premuroso,
non lo lasceresti mai da solo
faresti ombra
per non far bruciare i suoi occhi,
lo copriresti
per non farlo bagnare
dagli schizzi d’acqua salata.

Se fosse tuo figlio ti getteresti in mare,
uccideresti il pescatore che non presta la barca,
urleresti per chiedere aiuto,
busseresti alle porte dei governi
per rivendicare la vita.

Se fosse tuo figlio oggi saresti a lutto,
odieresti il mondo, odieresti i porti
pieni di navi attraccate.
Odieresti chi le tiene ferme e lontane
Da chi, nel frattempo
sostituisce le urla
Con acqua di mare.

Se fosse tuo figlio li chiameresti
vigliacchi disumani, gli sputeresti addosso.
Dovrebbero fermarti, tenerti, bloccarti
vorresti spaccargli la faccia,
annegarli tutti nello stesso mare.

Ma stai tranquillo, nella tua tiepida casa
non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Puoi dormire tranquillo
E sopratutto sicuro.
Non è tuo figlio.

È solo un figlio dell’umanitá perduta,
dell’umanità sporca, che non fa rumore.

Non è tuo figlio, non è tuo figlio.
Dormi tranquillo, certamente
non è il tuo.

 

 

Gilberto Squizzato sulla Pace

L’amico Gilberto Squizzato, interpellato per la serata in programma e non potendo essere presente, così ci scrive: La nostra non può essere una preghiera di impetrazione della pace, non solo perché sarebbe crudele e intollerabile un Dio che avesse bisogno delle nostre preghiere per fermare i fiumi di dolore e di morte che insanguinano quelle terre martoriate.
Ma anche perch
é neppure Gesù la ottenne. Forse non era afflitta da guerre in tanti
parti dell'impero anche la breve stagione in cui egli visse ? Forse le sue preghiere
al Padre ottennero il miracolo di fermare stragi, crocifissioni romane di massa, esecuzioni efferate, stupri, torture in corso?
No, Gesù non ottenne di sospendere il dolore del mondo, ma fece quel poco che poteva, nei villaggi che incontrava, per ridurre le sofferenze che gli venivano incontro. Davanti alla tentazione della disperazione o della rassegnazione la nostra preghiera, anche se siamo impotenti a fermare questa guerra funesta, può 
deve tradursi nell'amore per noi concreto e possibile. Non possiamo pretendere di essere da più di Gesù...
Con questo augurio nel cuore ancora ti ringrazio della tua affet
tuosa lettera e
ti prego con altrettanta vicinanza di salutarmi gli amici e fratelli raccolti intorno a te nel nome di Gesù. Un caro e forte abbraccio. Gilberto

Etty Hillesum, Diario 1941-1943

(Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi 1996, pp. 169-170).

  Siamo abituati a chiedere aiuto a Dio, a volte quasi pretendiamo che intervenga nelle nostre vite per cambiare lo stato dei fatti. L’ebrea Etty Hillesum sembra ribaltare questa prospettiva.
Prigioniera nel campo di concentramento di Auschwitz, intuisce che in tempi di grande sofferenza “siamo noi a dover aiutare Dio”, tenendo viva la Sua presenza in noi.

 

“Mio Dio, sono tempi tanto angosciosi. Stanotte per la prima volta ero sveglia al buio con gli occhi che mi bruciavano, davanti a me passavano immagini su immagini di dolore umano. Ti prometto una cosa, Dio, soltanto una piccola cosa: cercherò di non appesantire l’oggi con i pesi delle mie preoccupazioni per il domani – ma anche questo richiede una certa esperienza. Ogni giorno ha già la sua parte. Cercherò di aiutarti affinché tu non venga distrutto dentro di me, ma a priori non posso prometterti nulla. Una cosa, però, diventa sempre più evidente per me, e cioè che tu non puoi aiutare noi, ma che siamo noi a dover aiutare te, e in questo modo aiutiamo noi stessi. L’unica cosa che possiamo salvare in questi tempi, e anche l’unica che veramente conti, è un piccolo pezzetto di te in noi stessi, mio Dio.

E forse possiamo anche contribuire a disseppellirti dai cuori devastati di altri uomini. Si, mio Dio, sembra che tu non possa far molto per modificare le circostanze attuali ma anch’esse fanno parte di questa vita. Io non chiamo in causa la tua responsabilità, più tardi sarai tu a dichiarare responsabili noi. E quasi a ogni battito del mio cuore, cresce la mia certezza: tu non puoi aiutarci, ma tocca a noi aiutare te, difendere fino all’ ultimo la tua casa in noi. Esistono persone che all’ultimo momento si preoccupano di mettere in salvo aspirapolveri, forchette e cucchiai d’argento – invece di salvare te, mio Dio. E altre persone, che sono oramai ridotte a semplici ricettacoli di innumerevoli paure e amarezze, vogliono a tutti i costi salvare il proprio corpo. Dicono: me non mi prenderanno. Dimenticano che non si può essere nelle grinfie di nessuno se si è nelle tue braccia. Comincio a sentirmi un po’ più tranquilla, mio Dio, dopo questa conversazione con te. Discorrerò con te molto spesso, d’ora innanzi, e in questo modo ti impedirò di abbandonarmi. Con me vivrai anche tempi magri, mio Dio, tempi scarsamente alimentati dalla mia povera fiducia; ma credimi, io continuerò a lavorare per te e a esserti fedele e non ti caccerò via dal mio territorio.”

(Etty Hillesum, Diario 1941-1943, Adelphi 1996, pp. 169-170).

VII DOMENICA ANNO A

                                   VII DOMENICA  ANNO A  con preghiera dei piccoli

Dal Vangelo secondo Matteo 5, 38 – 48 

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te un prestito non voltare le spalle. Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale ricompensa ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste».

Lo sappiamo e lo insegniamo anche ai nostri figli: la vendetta non ci rende umani e soprattutto non prepara e non costruisce giustizia. Così come abbiamo capito, e l’aggressione dell’Ucraina da parte della Russia di Putin lo dimostra ogni giorno di più, che non sono le armi a preparare la fine di un conflitto. E il fatto che – secondo stime diffuse sui mass media di questi giorni – la Russia abbia visto morire 830 militari al giorno (!) negli ultimi venti giorni, è la dimostrazione che la violenza spesa ed utilizzata nelle guerre non risolve conflitti, ma genera solo morte e distruzione.

Ma era così anche ai tempi di Gesù. La legge del taglione (occhio per occhio e dente per dente) aveva tentato di contenere la vendetta nei confini di una presunta e grossolana giustizia (della serie: non andare mai oltre al torto subito con le tue reazioni vendicative). Ma nonostante questi sforzi le relazioni umane (in tutti i contesti) restavano pesantemente segnate e ferite dal ricorso alla violenza. Ed ecco la tesi di Gesù su questo tema: per estirpare dal cuore umano il seme della vendetta, della violenza e della inimicizia, è necessario andare alla radice del cuore umano. Non solo: vista la difficoltà dell’operazione, Gesù dona anche – a chi lo ascolta e a chi decide di seguirlo – la forza necessaria affinché si possano sradicare dalla propria coscienza quei sentimenti e risentimenti che prima o poi si trasformano in odio che arma i nostri pensieri e le nostre azioni.

Non possiamo negarlo: è nel nostro cuore che ira, odio e offesa convivono dopo aver ricevuto uno sguardo storto, un apprezzamento negativo o una parola, un gesto o una azione che abbiamo ritenuto offensivo. L’iter lo conosciamo. Nella convinzione di aver ricevuto un torto prima si soffre e ci si sente ingiustamente feriti.  Subito dopo si tace e si cova rancore e forse anche vendetta. Si parla all’amico per chiedergli di schierarsi contro l’altro ormai avvertito come “nemico” per arrivare poi allo scontro verbale e al vero e proprio litigio.

L’odio nelle nostre relazioni, nelle nostre famiglie e nelle nostre comunità nasce così. Quante “case” sono rovinate da questi semi di discordia che hanno lacerato legami un tempo sereni e oggi carichi di mutismi e di saluti negati! I nostri nonni non hanno lasciato molti beni o soldi in eredità a figli e nipoti, ma erano determinati nel chiedere soprattutto ai figli di restare fratelli uniti sempre e di superare qualsiasi piccolo o grande attrito. Quando mio papà è mancato aveva cinquecento lire in tasca, ma la sua eredità l’aveva già dettata: vivere e praticare tanto la comunione quanto il perdono tra noi figli. E così è stato. Oggi le cose sono cambiate. Oggi per il conto in banca, per uno o due immobili, per l’azienda o per i risparmi investiti in banca o alla posta, figli e nipoti si dividono e litigano all’infinito. In molti casi (troppi, vorrei dire!) siamo in presenza di fratelli che comunicano tra loro solo con la mediazione dell’avvocato.

Gesù vuole arrivare – con la sua Parola – nella parte più profonda del nostro cuore: là dove si annida il primo sentimento di ostilità verso l’altro per donarci la forza di strapparlo prima che questi cresca e diventi il grande albero dell’odio che prima o poi si serve della violenza per affermare le sue ragioni. E come si fa a strappare da noi la pianticella dell’astio prima che questi diventi odio e violenza? Si lascia che il Signore Gesù si impasti con la nostra vita e ci insegni a vincere il male (ricevuto) con il bene. Non significa porgere materialmente l’altra guancia. Nemmeno Gesù ha reagito così quando la guardia gli ha dato uno schiaffo (Gv. 18,22). “Porgere l’altra guancia” è un linguaggio figurato per aiutarci a capire che il solo modo per disarmare la violenza è dato dal non restituire il male ricevuto. Siamo in presenza di un insegnamento altissimo che Gesù ha messo in pratica (Gesù parla di sé stesso e spiega al lettore del Vangelo – nel suo primo discorso – come si comporterà al momento dell’arresto), ma le parole di Gesù sono anche forza e aiuto interiore perché questa esigente richiesta diventi pratica possibile in ciascuno di noi e sveli tutta la sua capacità di renderci liberi e buoni. Gesù risorto è il Dio-con-noi che ci abilita a fare del “per-dono” al fratello che ci ha offeso un “dono-per” non restare chiusi e soffocati dall’odio e legati per sempre al torto subito.

E se – come molti mi dicono – io non riesco a perdonarlo e non ho nessuno intenzione di tornare a salutarlo? Succede. Si può sempre cominciare a pregare per lui, per quell’altro che mi ha fatto del male. Prima o poi rancore e odio verranno sciolti dallo Spirito Santo e si toccherà con mano, da un lato, che nulla è impossibile a Dio e – dall’altro lato – che vincere il male con il bene rende la vita leggera, bella e serena (o “beata” come direbbe Gesù”).

C’è una saggezza profondamente umana nelle parole di Gesù che dichiarano che Lui non è venuto ad abolire il passato, ma a dargli pieno compimento. Anche perché il passato è il primo grande “nodo” che le nostre vite devono affrontare, se vogliono diventare libere e pienamente umane. Alcuni il passato lo esaltano e lo idealizzano fino a restarne prigionieri e soffocati dalla nostalgia. Altri il passato lo negano e fingono che non ci sia mai stato: così facendo però entrano in quella “finzione” che falsifica il presente e che rende non vera la propria vita. Altri ancora non riescono a perdonare a sé stessi un errore, una fragilità o una vera e propria colpa passata e che ha pesantemente condizionato il presente. Anche in questo caso, però, chi non si riconcilia con il suo passato si ritrova incapace di guardare avanti ed entra nelle sabbie mobili dei sensi di colpa e dei rimorsi eterni.

                                                                                                      Preghiera dei piccoli

Caro Gesù, 

                     per me era normale: ogni volta che ricevevo un pugno, uno schiaffo o un calcio, io restituivo tutto. Maestra e genitori mi dicevano che così facendo passavo dalla parte del torto, ma io non volevo per nessuna ragione sembrare un debole. Poi a catechismo abbiamo lavorato su questo passo del Vangelo. E mi sono accorto che hai ragione Tu: se vuoi sfogarti, devi vendicarti. Ma se vuoi stare bene devi allenarti a perdonare l’altro e non usare la violenza. Le guerre vanno avanti all’infinito proprio per questo: perché nessuno vuole perdonare, tutti vogliono vendicarsi e perché ognuno è convinto di essere dalla parte della ragione.

Grazie Gesù perché quella frase che per anni non ho capito – “Porgere l’altra guancia” – ora mi è chiara. Vuole dire che devo imparare a rispondere con il bene anche a chi mi fa del male. Gesù fai finire le guerre nel mondo.

papa Francesco, Angelus del 12 febbraio 2023

«Il messaggio è chiaro: Dio ci ama per primo, gratis, facendo il primo passo verso di noi senza che lo meritiamo; e allora noi non possiamo celebrare il suo amore senza fare a nostra volta il primo passo per riconciliarci con chi ci ha ferito. Così c’è compimento agli occhi di Dio, altrimenti l’osservanza esterna, puramente rituale, è inutile, diventa una finzione. In altre parole, Gesù ci fa capire che le norme religiose servono, sono buone, ma sono solo l’inizio: per dare loro compimento è necessario andare oltre la lettera e viverne il senso. I comandamenti che Dio ci ha donato non vanno rinchiusi nelle casseforti asfittiche dell’osservanza formale, se no rimaniamo in una religiosità esteriore e distaccata, servi di un “dio padrone” piuttosto che figli di Dio Padre. Gesù vuole questo: non avere l’idea di servire un Dio padrone, ma il Padre; e per questo è necessario andare oltre la lettera».

             papa Francesco, Angelus del 12 febbraio 2023

VI DOMENICA ANNO A

VI DOMENICA  ANNO A con preghiera dei piccoli

Dal vangelo secondo Matteo (Mt 5, 17-37)

In quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: «Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento. ..Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna...Avete inteso che fu detto: Non commetterai adulterio. Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore…. Avete anche inteso che fu detto agli antichi: “Non giurerai il falso, ma adempirai verso il Signore i tuoi giuramenti”. Ma io vi dico: non giurate affatto, né per il cielo, perché è il trono di Dio, né per la terra, perché è lo sgabello dei suoi piedi, né per Gerusalemme, perché è la città del grande Re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare: “Sì, sì”, “No, no”; il di più viene dal Maligno».                                                                                   

C’è una saggezza profondamente umana nelle parole di Gesù che dichiarano che Lui non è venuto ad abolire il passato, ma a dargli pieno compimento. Anche perché il passato è il primo grande “nodo” che le nostre vite devono affrontare, se vogliono diventare libere e pienamente umane. Alcuni il passato lo esaltano e lo idealizzano fino a restarne prigionieri e soffocati dalla nostalgia. Altri il passato lo negano e fingono che non ci sia mai stato: così facendo però entrano in quella “finzione” che falsifica il presente e che rende non vera la propria vita. Altri ancora non riescono a perdonare a sé stessi un errore, una fragilità o una vera e propria colpa passata e che ha pesantemente condizionato il presente. Anche in questo caso, però, chi non si riconcilia con il suo passato si ritrova incapace di guardare avanti ed entra nelle sabbie mobili dei sensi di colpa e dei rimorsi eterni.

Gesù, profondo conoscitore del cuore umano, sa molto bene che per diventare libero ognuno di noi deve essere aiutato a riconciliarsi con il suo passato. Il che significa che la Sua Parola ci insegna, giorno dopo giorno, a:

  • esprimere gratitudine per quanto di positivo c’è stato nella nostra biografia senza però illudersi che quel tempo duri per sempre: la vita va avanti;
  • perdonare gli errori, le fragilità e le colpe commesse senza voler annegare nei propri sensi di colpa per espiare per sempre ciò che non si doveva commettere;
  • estrarre da quanto è passato la forza per incontrare quella energia nuova che rende il presente aperto – con coraggio – al nuovo e che ci spinge a guardare avanti con fiducia verso noi stessi, nei confronti dei fratelli e della parte sana del mondo.

È una straordinaria lezione di umanità e di saggezza quella che Gesù ci impartisce con la Sua Parola. Ma perché ci sia autentico cambiamento in noi e nella storia – ci dice l’evangelista – dobbiamo immergere il passato nel filtro della giustizia e del perdono affinché questo si sciolga, venga rielaborato con sapienza e ci consegni quella energia nuova che è in grado di renderci buoni, nuovi e liberi. Ed eccoci alla buona notizia: la Parola di Gesù ci aiuta a “superare” il nostro passato e trasforma il nostro cuore al punto da:

  • renderci capaci di uscire dalle logiche vendicative dell’odio e della violenza;
  • in grado di declinare la fedeltà nell’amore come premessa di libertà;
  • competenti nell’usare la parola per costruire pratiche di verità e di bontà.

Riletta così questa pagina di Vangelo diventa la vera cura per il nostro tempo in cui assistiamo impotenti ad una crescita esponenziale di guerre, di odio, di conflitti, di ingiustizie e di inutili stragi (in Europa e nel mondo) che nessuno è in grado di fermare. Ma il male, ci dice questa pagina di Vangelo, non ha soltanto dimensioni collettive. Anche nel nostro cuore si radica, spesso e volentieri, il seme della bugia, del pettegolezzo, dell’infedeltà, della calunnia o del risentimento che prepara scontri, litigi e violenze di ogni genere. Nascono come piccoli pensieri o come emozioni a cui non si dà molta importanza. Con il passare del tempo, però, crescono e se non si chiede settimanalmente alla Parola di Gesù di sradicare questi granelli di male dalla nostra vita, diventano gesti, scelte e azioni negative che fanno male al soggetto che le ha coltivate in sé e ai fratelli.

Penso al drammatico terremoto che da devastato Turchia e Siria. E provo a impastare questa pagina di Vangelo con quel pezzo di terra martoriata sulla quale anche il cielo meteorologico sembra indifferente (continuando a scaricare pioggia, neve e freddo su quelle comunità già martoriate dal terremoto). So che siamo in un angolo di mondo reso fragile nello sviluppo e nell’economia da guerre continue che producono sfollati, orfani, miseria e povertà di ogni tipo. E mi domando: ma siamo venuti al mondo per farci la guerra, per odiare, per tradire e per mentire oppure – come ci ricorda Gesù – siamo stati creati a Sua immagine e dunque chiamati alla pratica dell’amore, del perdono, del dono e del servizio del forte verso il debole? Sulla risposta non ho dubbi. E mi conforta vedere e sapere non solo che da ogni parte del mondo sono partiti aiuti per le zone colpite dal terremoto, ma che davanti a quelle macerie scavano uniti anche quanti fino a ieri si consideravano nemici. Russi, Ucraini, Israeliani e altri ancora si potranno trovare gomito a gomito per salvare persone ferite dal sisma e per portare vita dove sembrano prevalere morte e disperazione. È questa la giustizia superiore a cui ci chiama Gesù: fare squadra e collaborare insieme per contrastare tanto le tragedie naturali quanto quelle generate dal nostro cuore e che si chiamano odio, violenza, conflitto e menzogna. Chiamati a collaborare per far vincere la vita, la speranza e la giustizia.Buona domenica.

 

Caro Gesù,                     Preghiera dei piccoli          

              è passato un anno da quando la Russia ha aggredito l’Ucraina. Gli uni e gli altri parlano di vittoria, ma io dal telegiornale vedo che questa guerra ha portato solo morti, distruzioni, bombardamenti e, di conseguenza, case, ospedali, biblioteche, strade e giardini ridotti a cumuli di macerie.

La maestra ci ha anche detto che questa non è l’unica guerra che c’è al mondo. Sono 59 oggi le guerre sulla nostra povera Terra.

Hai ragione Tu, Gesù: l’unico modo per tenersi lontani dalla violenza è imparare a chiedere scusa e diventare capaci di perdonare chi ci ha fatto un torto.

Quando perdoni senti che l’altro è “fratello”. Quando invece si è in guerra, l’altro è solo nemico da uccidere, da ferire o da fare prigioniero.

Gesù benedici i popoli colpiti dal terremoto e fa che l’aiuto da dare a questi popoli ci renda sempre più fratelli. 

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO

V DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO con preghiera dei piccoli

 

Dal Vangelo secondo Matteo 5,13 - 16

 

13Il quel tempo Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null'altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente. 14Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, 15né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa.

 

 

Caro Gesù,

                   mia nonna mi chiama “salatino” perché dice che preferisco le cose salate a quelle dolci. Anche se poi mi sgrida perché dice che “troppo” sale fa male.

Gesù non voglio esagerare con il sale, però hai ragione Tu: è il sale che tira fuori il sapore del cibo e che lo rende buono.

In pratica Tu ci chiedi di diventare come il sale che entra nel cibo fino a scomparire senza però distruggerlo, ma dandogli sapore.

Oppure ci inviti a diventare come la luce che non consuma le cose, ma le fa vedere.

Tu, però, non ti sei rivolto solo a me. Hai detto “voi” per coinvolgere, con me, tutta la comunità.

Hai ragione Tu, Gesù.

Da soli non riusciamo a fare quello che Tu ci chiedi. Solo all’interno della Tua comunità, è possibile diventare il sale della terra e la luce del mondo.

Grazie Gesù per questi complimenti così intensi e speciali, sei l’unico che usa parole così belle per noi!.

III DOMENICA ANNO C

                                III DOMENICA ANNO C con preghiera dei piccoli

 

Luca 1, 1-4; 4, 14-21

 

«1Poiché molti hanno cercato di raccontare con ordine gli avvenimenti che si sono compiuti in mezzo a noi, 2come ce li hanno trasmessi coloro che ne furono testimoni oculari fin da principio e divennero ministri della Parola, 3così anch’io ho deciso di fare ricerche accurate su ogni circostanza, fin dagli inizi, e di scriverne un resoconto ordinato per te, illustre Teòfilo, 4in modo che tu possa renderti conto della solidità degli insegnamenti che hai ricevuto. 14Gesù ritornò in Galilea con la potenza dello Spirito e la sua fama si diffuse in tutta la regione. 15Insegnava nelle loro sinagoghe e gli rendevano lode. 16Venne a Nàzaret, dove era cresciuto, e secondo il suo solito, di sabato, entrò nella sinagoga e si alzò a leggere. 17Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; aprì il rotolo e trovò il passo dove era scritto: 18Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione e mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio, a proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; a rimettere in libertà gli oppressi, 19a proclamare l’anno di grazia del Signore. 20Riavvolse il rotolo, lo riconsegnò all’inserviente e sedette. Nella sinagoga, gli occhi di tutti erano fissi su di lui. 21Allora cominciò a dire loro: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».

 

Se san Luca prende la decisione di scrivere “un resoconto ordinato” sulla vicenda Gesù di Nazaret è perché le comunità che incontra sono immerse nella disperazione causata dalla violenza dell’Impero Romano e dalla miseria più estrema. L’evangelista intuisce che il solo modo per riportare luce e speranza a chi è avvolto dalle tenebre è quello di educarlo a stare con un testo scritto incaricato di rendere presente il Signore Gesù in chi lo legge e lo ascolta.

Pochi decenni dopo l’opera di san Luca, il suo scritto (assieme a quelli di Matteo, Marco e Giovanni) verrà chiamato “Vangelo”, termine greco che significa “Buona Notizia” per ricordare che la sola fonte della gioia e della speranza è il Signore Gesù (e non le visite dell’Imperatore Romano”).

Significa, per essere concreti, che quando si è in mezzo alla tempesta, il solo modo per ritrovare serenità e voglia di vivere è quello di lasciarsi trovare dal Signore Gesù presente nella lettura, nella meditazione e nella preghiera del Suo Vangelo.

Nella Domenica della Parola fortemente voluta da Papa Francesco non dovremmo mai dimenticare questa fondamentale intuizione di san Luca. È vero: oggi le ragioni della speranza sono sempre meno. La pandemia non si ferma, l’inflazione sta rialzando la testa, i costi dell’energia sembrano impazziti, la metà delle classi scolastiche sono in didattica a distanza… . Per non parlare del Sud del mondo: non vaccinato e schiacciato tra guerre, cambiamenti climatici che causano siccità e fame bisogno di emigrare.

Che fare? È questa la domanda obbligata che affiora sulle nostre labbra. Per san Luca non ci sono dubbi: stare di più con il Signore Gesù presente nel Vangelo è il solo modo che ci aiuta a ritrovare le ragioni (vere) della speranza. Anche perché è questo il solo sentiero che ci rigenera: fermarsi per imparare ad ascoltare il Signore Gesù presente nel Vangelo con l’aiuto della comunità cristiana e con il supporto di libri, di commenti, di guide e di testi in grado di aiutarci ad entrare nella sola Parola che slava.

Si vedano gli otto versetti del capitolo quarto che la chiesa ci propone oggi. Gesù torna dove era cresciuto. Ormai, diremmo noi, è diventato famoso. Le folle lo cercano e lo inseguono non solo perché insegna e predica bene, ma anche perché si fa carico di chi è stanco, oppresso e senza speranza: sfama gli affamati, guarisce gli ammalati, perdona i peccati, etc. Ma cosa fa Gesù rientrato a Nazaret? Si reca nella sinagoga: dove la gente cerca Dio e parole vere di consolazione. Prima di iniziare a parlare, Gesù si fa dare il rotolo del profeta Isaia, la Parola di Dio. Lo apre (non lo tiene chiuso su un tavolo), legge il passo in cui viene promesso il lieto annuncio ai poveri, la liberazione dei prigionieri, la vista ai ciechi e la libertà per gli oppressi e poi lo richiude. Come a dire: per il pregare adulto, non partire mai da te, ma inizia sempre dall’ascolto della Parola di Dio.

Rientriamo però nel testo. Tutti fissano Gesù. Si aspettano il commento, la “predica” diremmo noi. Che non tarda ad arrivare. Composta però da sole dieci parole: “Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato”. La nostra salvezza – scrive san Luca – non proviene dal “passato” (con perenni nostalgie che ci rendono sempre fuori posto) e nemmeno dal “futuro” (lavorare giorno e notte per garantire un domani sereno ai miei figli!). La nostra salvezza si trova nel Vangelo del Signore Gesù accolto, “aperto”, letto, ascoltato e meditato “oggi”.

Oggi è nato per voi un Salvatore” dice l’angelo ai pastori che vegliavano il gregge.

Oggi per questa casa è venuta la salvezza” dice Gesù a Zaccheo che lo cerca e che si lascia trovare dal Signore (Lc. 19, 9). “Oggi sarai con me nel paradiso” assicura Gesù al ladrone che lo prega in croce.

San Luca sa molto bene che ieri e domani sono le trappole del nostro vivere che ci allontanano dalla verità, dalla libertà e dall’essere beati.

Il Vangelo non cancella con un colpo di spugna ciò che ci inquieta. Ma ci assicura che nonostante scenari cupi e pesanti anche nel nostro oggi è possibile ritrovare le ragioni della speranza. Con la forza e la bellezza del Vangelo che permette, anche a noi, di dire: “Oggi abbiamo visto cose prodigiose” (Lc. 5,26)

                                                                Preghiera dei fanciulli

Caro Gesù,

                    mi hai messo in crisi. Io dico sempre “poi”, “dopo” o “domani”. Per spostare a chissà quando quello che dovrei fare adesso.

Tu, invece, dici “oggi”. Ed è una parolina che voglio farmi entrare nel cuore e nella mente.

Tu non hai detto “domani”, “dopodomani” o “tra qualche giorno”. Hai detto “oggi”.

E come dicono i miei genitori, “Oggi” vuole dire “adesso” “subito”, non “mai più”.

Gesù grazie perché Tu sei con noi “Oggi”, non domani.

Grazie Gesù perché ai poveri, ai prigionieri, ai ciechi e agli oppressi non hai detto “Domani vi aiuterò”, ma hai ribadito con forza che Tu ti prendi cura di loro “oggi”.

Proprio come hai detto a chi moriva in croce con Te: “Oggi sarai con me in paradiso”.

 

P.S. Gesù, puoi chiedere alla Maestra di spiegarci il Giorno della Memoria senza farci vedere film che non mi fanno dormire?

Giorno della Memoria

Voi che vivete sicuri
nelle vostre tiepide case,
voi che trovate tornando a sera
il cibo caldo e visi amici:
Considerate se questo è un uomo
che lavora nel fango
che non conosce pace
che lotta per mezzo pane
che muore per un si o per un no.
Considerate se questa è una donna,
senza capelli e senza nome
senza più forza di ricordare
vuoti gli occhi e freddo il grembo
come una rana d'inverno.
Meditate che questo è stato:
vi comando queste parole.
Scolpitele nel vostro cuore
stando in casa andando per via,
coricandovi, alzandovi.
Ripetetele ai vostri figli.
O vi si sfaccia la casa,
la malattia vi impedisca,
i vostri nati torcano il viso da voi.
Primo Levi

Nel giorno della memoria, dedicato a chi resiste e combatte il fascismo in tutte le sue forme, passate e attuali, qui e altrove